Sapey-Triomphe LA et al. (2015)
Neuroanatomical Correlates of Recognizing Face Expressions in Mild Stages of Alzheimer’s Disease.
PLoS One. 10:e0143586.
La maggior parte degli studi sulle fasi precoci della malattia di Alzheimer (AD) ha indagato le alterazioni cognitive che la caratterizzano, mentre scarsa attenzione è stata dedicata al funzionamento affettivo e all’elaborazione delle emozioni, abilità fondamentali al fine di un’interazione sociale di successo. Lo studio presentato è parte del programma di collaborazione nazionale francese “PACO” (personalità, malattia di Alzheimer, e comportamento), ed ha l’obiettivo di valutare se i pazienti nelle prime fasi di AD mostrino un deficit precoce nel riconoscimento fine delle espressioni facciali. Sono stati inclusi nello studio 39 pazienti con diagnosi clinica di AD lieve (N=24) o disturbo cognitivo lieve di tipo amnesico (N=15) e 39 controlli sani. I partecipanti sono stati sottoposti ad un test di riconoscimento delle emozioni nel quale venivano presentate fotografie di volti con espressioni facciali modificate gradualmente (“morphing”) in modo tale da creare diversi livelli di intensità dell’espressione dell’emozione. In particolare sono state testate quattro tra le emozioni fondamentali: gioia, paura, disgusto, rabbia. Inoltre i pazienti sono stati sottoposti a risonanza magnetica strutturale (RM) al fine di individuare quali siano i correlati neuroanatomici dei deficit nel riconoscimento fine delle espressioni facciali. Le immagini strutturali sono state segmentate in regioni di interesse tramite il programma MAPER (multiatlas propagation with enhanced registration). Sono state quindi individuate a priori le regioni cerebrali rispettivamente associate al riconoscimento delle emozioni selezionate, nello specifico: l’amigdala per la paura, l’insula anteriore per il disgusto, lo striato ventrale e la corteccia orbitofrontale per la rabbia e l’amigdala insieme all’area supplementare motoria per la gioia. I pazienti AD hanno mostrato una prestazione significativamente peggiore rispetto ai controlli nel test di riconoscimento delle espressioni. I deficit mostrati dai pazienti correlavano con il volume delle regioni di interesse attese, tranne che per la rabbia per la quale non sono state rilevate correlazioni significative. Tuttavia le correlazioni risultate significative erano inaspettatamente negative, indicando quindi che ad una diminuzione della prestazione al compito di riconoscimento delle emozioni era associato un volume maggiore delle aree cerebrali corrispondenti. Per giustificare questo risultato “controintuitivo” gli autori ipotizzano che durante i primi stadi della malattia la presenza dei processi patologici conosciuti per AD, quali neuroinfiammazione e accumulo cerebrale di beta amiloide, possa portare alla rilevazione di un aumento del volume delle strutture corticali alla RM e che solo in una fase più avanzata di malattia si rilevi l’atrofia di tali strutture. Sono tuttavia necessari ulteriori studi con l’utilizzo di tecniche di neuroimaging avanzate per supportare tale ipotesi.