Shoemark DK et al. (2015)
The microbiome and disease: reviewing the links between the oral microbiome, aging, and Alzheimer’s disease.
J Alzheimers Dis. 43:725-738.

Il corpo umano ospita una pletora di microrganismi che variano per dimensione e complessità. Come evidenziato da questa review il nostro microbioma influenza la salute e il modo in cui invecchiamo. L’immunosenescenza provocherebbe un aumento della presenza di batteri con conseguente declino della risposta immuno-umorale e cellulo-mediata; tutto ciò contribuirebbe all’aumento della messa in circolo di citochine proinfiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale α (TNFα). Un’esposizione prolungata ad alti livelli di TNFα costituisce una minaccia per l’integrità della barriera emato-encefalica e favorisce il proliferare del processo infiammatorio a livello cerebrale. Recentemente sono stati rilevati dei batteri “asintomatici” in aree precedentemente ritenute sterili; queste nuove scoperte forniscono nuove informazioni sulla composizione e distribuzione del microbioma. Questi batteri “immuno-tollerati” possono lentamente moltiplicarsi altrove, per esempio nella bocca, fino a suscitare una risposta infiammatoria cronica a livello cerebrale. Alcuni sono ormai considerati un fattore causale di alcune condizioni come aterosclerosi e mal di schiena. L’idea che il processo di infiammazione cerebrale giochi un ruolo centrale nella cascata di eventi neuropatologici tipici della AD non è nuova. In particolare, in condizioni normali la produzione di amiloide sarebbe una risposta di difesa contro l’infezione stessa. Quando la produzione di amiloide è causata o aggravata da specifici batteri, che non vengono uccisi, la risposta del nostro organismo sembrerebbe essere l’acutizzazione dell’infezione e il deposito diffuso di amiloide. Esistono evidenze derivanti da studi epidemiologici, sperimentali, genetici e ambientali che mettono in relazione la flora batterica, in particolare quella orale, e la malattia di Alzheimer. Gli autori suggeriscono di considerare in futuro le informazioni derivanti dai polimorfismi genetici umani insieme al microbioma, dato che potrebbero fornire nuove vie di ricerca per la prevenzione e il trattamento della malattia di Alzheimer.

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