Giacobini E. et al. (2013)
Alzheimer disease therapy–moving from amyloid-beta to tau.
Nat Rev Neurol. 9:677-686.
Negli ultimi anni le terapie farmacologiche per la malattia di Alzheimer (AD) si sono concentrate principalmente nel tentativo di ridurre dei livelli di beta amiloide nel cervello. Alcuni farmaci hanno raggiunto questo obiettivo, tuttavia nessuno ha prodotto risultati clinicamente significativi. Giacobini e Gold compiono un’analisi critica dei motivi sottostanti al fallimento delle terapie anti-amiloide, prendendo in esame sia le questioni metodologiche relative alla sperimentazione clinica di questi agenti farmacologici, che le ipotesi sullo sviluppo patogenetico della malattia. L’ipotesi della cascata dell’amiloide, secondo cui le placche sarebbero la causa principale della patogenesi – non spiegherebbe pienamente una grande quantità di dati rilevanti per la comparsa dei sintomi clinici di AD. È importante sottolineare che la deposizione di amiloide non è così fortemente correlata con la cognizione, a differenza invece della tau iperfosforilata, dei grovigli neurofibrillari, e della perdita sinaptica e neuronale, i quali sono strettamente associati con i deficit di memoria. Cercare di contrastare la patologia legata a tau, potrebbe quindi risultare clinicamente più efficace rispetto alle terapie anti-amiloide. Numerosi studi di immunizzazione in modelli animali indicano che è possibile ridurre i livelli intracellulari di tau e tau fosforilata, e tale riduzione è associata ad un miglioramento delle prestazioni cognitive. Diversi vaccini anti-tau sono attualmente nelle fasi avanzati precliniche e potrebbero partire presto dei trial clinici.