Fukazawa R. et al. (2013)
Subgroups of Alzheimer’s Disease Associated with Diabetes Mellitus Based on Brain Imaging.
Dement Geriatr Cogn Disord. 35:280-290.

E’ stato dimostrato che la presenza di diabete mellito di tipo II (DM) aumenta il rischio di sviluppare decadimento cognitivo e demenza, come la malattia di Alzheimer (AD) e la demenza vascolare (VaD). Diversi studi hanno rilevato che fattori quali la malattia vascolare, la tossicità del glucosio e cambiamenti nel metabolismo dell’insulina e dell’amiloide sottostanno alla patofisiologia della demenza. E’ probabile che i cervelli delle persone anziane con demenza e DM siano affetti da una patologia mista causata da una combinazione di tali fattori. Comunque, in alcuni pazienti la malattia cerebrovascolare (CVD) potrebbe predominare, mentre in altri i meccanismi legati all’amiloide, porterebbero ad un quadro clinico di demenza. Inoltre, potrebbe manifestarsi una sindrome dementigena associata a lesioni neuronali dovute al DM. Le caratteristiche cliniche degli individui con demenza e DM differiscono solitamente in base alla predominante patologia cerebrale. In questo studio, 175 pazienti con AD e DM sono stati classificati in 4 sottogruppi sulla base della presenza o dell’assenza di CVD alla risonanza magnetica e dell’ipoperfusione posteriore cerebrale alla tomografia ad emissione di positrone singolo (pattern dell’AD o non pattern dell’AD). L’obiettivo era di esaminare le possibili differenze nelle caratteristiche cliniche tra i sottogruppi, ipotizzando che ci fosse un sottogruppo con condizioni patofisiologiche diverse dall’AD e dalla CVD. E’ emerso che il sottogruppo che non mostrava né il pattern della CVD né quello dell’AD aveva significativamente un’età più avanzata, più alti livelli di emoglobina glicata, una maggiore durata del diabete, faceva maggior uso di terapia insulinica, aveva una minor frequenza dell’allele epsilon-4 dell’apolipoproteina E, un’atrofia mediotemporale meno grave, una compromissione inferiore delle abilità attentive e di rievocazione mnestica verbale, oltre che una più lenta progressione del deterioramento cognitivo rispetto al sottogruppo con il pattern dell’AD. Il sottogruppo con il pattern dell’AD con CVD mostrava caratteristiche cliniche simili a quelle del gruppo con il pattern dell’AD, mentre non è stato possibile determinare le caratteristiche cliniche del sottogruppo solo con il pattern della CVD a causa della sua ridotta numerosità (3 soggetti). Questi risultati suggeriscono l’esistenza di un sottogruppo di pazienti AD con DM associato maggiormente ai fattori legati al DM piuttosto che alla neuropatologia dell’AD o della CVD. E’ possibile quindi che gli effetti diretti delle lesioni neuronali legate al DM possano contribuire allo sviluppo del declino cognitivo in questo sottogruppo più che nel sottogruppo con il pattern dell’AD. Ulteriori studi sono necessari per chiarire la sottostante condizione patologica di questo sottogruppo.

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