Scharre D. et al. (2013)
Ohio State implants first brain pacemaker to treat Alzheimer’s.
Am J Alzheimers Dis Other Demen. 28:195-203.

Presso l’università Americana dell’Ohio, è stato avviato ad ottobre il primo studio in pazienti con malattia di Alzheimer (AD) con l’obiettivo di identificare se l’utilizzo di un “pacemaker” cerebrale possa migliorare il funzionamento cognitivo e comportamentale in questi pazienti. La metodologia utilizzata è la stimolazione cerebrale profonda (DBS), la stessa tecnologia usata per trattare con successo circa 100.000 pazienti in tutto il mondo con disturbi del movimento come la malattia di Parkinson. Con questo studio i ricercatori sperano di identificare se la DBS e quindi la stimolazione diretta di determinate aree cerebrali possa migliorare le funzioni cognitive legate al lobo frontale ed ai network cerebrali che sono importanti per il comportamento. L’impianto di stimolazione cerebrale profonda è simile ad un dispositivo di pacemaker cardiaco con l’eccezione che il dispositivo è impiantato nel cervello anziché nel cuore. Attraverso la metodologia DBS vengono inviati segnali ordinati al cervello che regolano l’anomala attività cerebrale spesso presente in questi pazienti. I risultati preliminari ottenuti da questo studio sul primo paziente sono incoraggianti sebbene su questo fronte siamo ancora agli inizi. Essendo la malattia di Alzheimer una delle più comuni forme di demenza neurodegenerativa, la cui prevalenza è in continuo aumento e la cui cura non è ancora stata trovata, risultati di efficacia del trattamento con stimolazione cerebrale profonda aprirebbero una speranza nella cura di questa invalidante malattia.

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