Lee TM et al. (2012)
Neural activities during affective processing in people with Alzheimer’s disease.
Neurobiol Aging.
La malattia di Alzheimer (AD) è caratterizzata da un graduale declino delle funzioni cerebrali che si estende fino a compromettere tutte le elaborazioni cognitive ed affettive. Mentre sono stati svolti numerosi studi sui correlati cognitivi dell’AD, sono poche le ricerche sulla processazione degli stimoli emotivi nelle persone con AD, pur essendo un aspetto di significativa importanza nella relazione con i familiari. In anni recenti, una scoperta rilevante è stata che l’osservazione di un’azione induce l’attivazione delle stesse regioni del cervello deputate a controllarne l’esecuzione, e perciò, per così dire, l’automatica simulazione della stessa azione nel cervello dell’osservatore. Sulla base di tali premesse, l’obiettivo di questo studio è stato quello di comprendere se la visualizzazione delle espressioni facciali di alcune emozioni primarie (felicità, tristezza e paura) suscitasse in individui con AD una diversa attivazione cerebrale rispetto ai soggetti di controllo. Sono state arruolate 24 donne cinesi: 12 avevano una diagnosi di AD lieve e 12 anziane sane erano state loro appaiate per età, scolarità e stato emotivo al momento della partecipazione. Tutte sono state sottoposte ad un esperimento di risonanza magnetica funzionale (fMRI), durante il quale avevano il compito di osservare passivamente la proiezione di facce felici, tristi, intimorite e neutrali. E’ emerso che le donne con AD mostravano una ridotta attivazione delle regioni associate con la simulazione motoria (la corteccia premotoria ventrale) ed emotiva (la porzione anteriore di insula e l’operculum frontale), non attribuibile ad un’atrofia strutturale di tali aree. Inoltre, nelle donne con AD si è riscontrata un’inferiore attivazione in differenti aree cerebrali, benchè sempre nell’emisfero sinistro, in base alla tipologia di emozione processata. In conclusione, una ridotta attività neurale durante l’elaborazione emotiva di espressioni facciali potrebbe costituire un indice di compromissione del funzionamento socio-affettivo in persone con AD.