Buongiorno a tutti, sono Debora e volevo condividere con voi la mia testimonianza.

La mia mamma si è ammalata nel 2006 di Alzheimer, a soli 64 anni e a me, come penso a tutti quelli a cui accade una disgrazia del genere, è crollato il mondo addosso.
All’inizio ho cercato di sostituirmi a lei in tutto e per tutto sono riuscita a farlo per quattro lunghi anni: non accettavo l’idea di far stare la mia mamma con gente che non era parte della sua famiglia oltre al fatto che lei stessa non accettava di avere aiuti in casa. Poi, con il tempo, ho dovuto piegarmi all’idea che avevo bisogno di qualcuno che mi desse una mano poichè anch’io ho una famiglia e un lavoro e se io mi fossi ammalata, come avremmo fatto tutti quanti?

Quello che proviamo noi, figli di malati di Alzheimer, è un insieme di sentimenti che ti stordisce e non ti fa capire più cosa siamo e in che direzione stiamo andando. E’ dura accettare di diventare, noi figli, i genitori dei nostri genitori.

I sentimenti che proviamo sono tanti ma quello che più ci far stare male è il senso di enorme impotenza che ci troviamo a fronteggiare ogni giorno, oltre al fatto che, vediamo morire giorno per giorno i nostri cari anche se loro, materialmente, sono ancora vivi. Io ci paragono a dei soldati, perchè andiamo in guerra tutti i giorni contro un nemico che sappiamo essere più forte di noi e con la consapevolezza che qualsiasi cosa faremo dovremo subire una sconfitta.

E poi ci si ritrova a combattere non solo contro la malattia, ma anche contro le altre persone, persone, ad esempio, che mi giudicavano perchè non avevo messo subito, sin dal primo momento, qualcuno al fianco di mia madre. A differenza di quello che mi era stato consigliato dalla neurologa non ho voluto mettere subito badanti in casa di mia madre, intanto perchè la malattia non porta subito ad essere completamente dipendenti, la non autosufficienza arriva lentamente e poi perchè è meglio, quando ancora il malato riesce a capire cosa gli sta succedendo, cercare di fargli fare le cose che riesce ancora a fare autonomamente (in effetti ogni volta che abbiamo tolto qualcosa da fare a mia madre, dopo non l’ha più fatta). Mi rendo conto che non tutti hanno la voglia, la pazienza e la forza per fare questo, che comporta un sacrificio enorme, ma mia madre mi ha dato oltre alla vita anche l’anima, quando stava bene, perciò io mi sono sentita di agire in questa maniera, pur rinunciando ad avere una vita normale.

A distanza di sette anni, anche se mia madre non è più autosufficiente ed ho la badante dalla mattina alla sera, posso dire a voi tutti che io non ho nessuna intenzione di arrendermi a questo mostro che, anche se solo in parte, penso di avere un po’sconfitto, non gli darò mai la soddisfazione di vedermi battuta (anche quando la mia mamma non ci sarà più); io lotterò con tutte le mie forze in qualsiasi maniera.

La mia mamma, anche se, a volte, non sa bene chi sono, altre volte mi riconosce e mi dice persino “ti voglio bene”: questa per me è la più grande delle vittorie, perchè significa che tutti i sacrifici nostri la stanno in qualche modo tenendo aggrappata alla persona splendida che era e che è ancora, anche se in maniera diversa.

Non mollate mai! Loro capiscono molto l’affetto e, quando possono, alla loro maniera, lo dimostrano! Non vi dimenticate di loro; anche se loro non si ricorderanno di voi, questa è la migliore arma che abbiamo noi, figli di malati di Alzheimer e dobbiamo usarla. Amiamoli incondizionatamente, come quando loro amavano noi da bambini e come noi, ogni giorno, amiamo oggi i nostri figli.

Debora