A cura di Giovanni B. Frisoni

La notizia della scoperta del meccanismo all’origine della malattia di Alzheimer ha fatto sobbalzare dalla sedia migliaia di malati e familiari, che si sono precipitati a telefonare ai medici curanti dei malati (compreso il sottoscritto). La Repubblica ha titolato «Alzheimer, scoperto il meccanismo all’origine della malattia. E’ nell’area che regola l’umore».

Fantastico, hanno pensato tutti i lettori. Adesso che abbiamo risolto il mistero dello sviluppo della malattia, trovare una cura sarà faccenda di pochi anni. E riuscirò a curare mia madre, mio padre, mio nonno… e magari, chi lo sa, anche a evitare di ammalarmi io stesso fra 20 o 30 anni.
In effetti, lo studio dal punto di vista tecnico è ben fatto e merita la prestigiosa pubblicazione su Nature Communications. Purtroppo, i giornalisti si sono fatti un po’ troppo facilmente trascinare dall’entusiasmo di chi vuole a tutti i costi vedere (o far vedere…) la grande scoperta anche dove grande scoperta non c’è. Lo studio è sul topo transgenico. Avete letto bene: il topo. Purtroppo, è noto da tempo che i modelli animali di Alzheimer sono solo delle pallide ombre riflesse della malattia dell’uomo.
Il topo usato da D’Amelio è stato ingegnerizzato a partire da una forma rarissima di malattia di Alzheimer genetica (la mutazione svedese, descritta in due sole famiglie al mondo). Benché compaia in 958 (novecentocinquantotto!) studi pubblicati dal 1997 ad oggi, benché sia stato utilizzato in oltre 300 studi per sviluppare farmaci per l’Alzheimer, benché tali farmaci molto spesso abbiano dato risultati positivi nel topo, il trasferimento di questi risultati sull’uomo è stato sempre invariabilmente e tragicamente negativo. Tutto questo dovrebbe suggerire maggiore prudenza, equilibrio, e pacatezza da parte dei mezzi di comunicazione nella diffusione di «scoperte» derivanti dagli studi sull’animale. Dieci e lode al bravo D’Amelio per lo studio sul topo transgenico, quattro con cappello a orecchie d’asino per chi ha diffuso la notizia in modo distorto.
Fortunatamente, non tutti il giornalismo scientifico italiano è sensazionalistico e superficiale. Lo stesso studio di D’Amelio è stato commentato dal Corriere in modo molto più equanime (http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/17_aprile_02/alzheimer-nuova-ipotesi-sull-origine-malattia-070f7f18-17bb-11e7-98f2-d3dd792ae9af.shtml) e vi sono giornalisti, che scrivono anche proprio per La Repubblica, che talvolta hanno saputo sfidarmi con domande opportune e acute. Nell’occasione di D’Amelio, purtroppo, i malati, i familiari e la società tutta sono stati male serviti – speriamo che alla prossima «scoperta» vada meglio.

GB Frisoni

Di seguito il link all’articolo.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28367951