A cura di Elena Rolandi

Cognitive resilience in clinical and preclinical Alzheimer’s disease: the Association of Amyloid and Tau Burden on cognitive performance.
Rentz DM, Mormino EC, Papp KV, Betensky RA, Sperling RA, Johnson KA
Brain Imaging Behav. 2017 Apr;11(2):383-390. doi: 10.1007/s11682-016-9640-4.

Le persone che nella vita hanno mantenuto un alto livello di stimolazione cognitiva, tramite educazione formale, tipo di occupazione o attività nel tempo libero, mantengono con l’avanzare dell’età una buona funzionalità cognitiva più a lungo. Questo fenomeno è stato definito riserva cognitiva, ad indicare una maggiore resilienza del cervello nel contrastare l’invecchiamento cerebrale e l’insorgenza di processi neuropatologici. In questo studio è stata indagata l’influenza della riserva cognitiva sulla relazione tra i processi neuropatologici della malattia di Alzheimer e le funzioni cognitive, lungo lo spettro della manifestazione clinica della malattia.
Nello studio sono stati inclusi 133 anziani cognitivamente integri, 17 pazienti con declino cognitivo lieve e 6 con diagnosi di malattia di Alzheimer lieve, che avessero effettuato Pib-PET per stimare  l’accumulo di beta-amiloide corticale (Aβ ) e T807 PET per la valutazione dei livelli di aggregazione di tau nella regione infero-temporale bilaterale (IFT tau). Come indicatore di riserva cognitiva è stato utilizzato il quoziente intellettivo verbale stimato (QIV), misurato tramite apposito test di lettura. Sono stati testati modelli di regressione lineare multipla per valutare l’effetto di Aβ e di IFT tau nel predire il punteggio al Mini Mental State Examination (MMSE) e l’effetto di interazione tra tali biomarcatori e QIV nel predire la performance cognitiva. I risultati hanno mostrato che  Aβ e IFT tau  contribuivano significativamente al punteggio MMSE, ma quando venivano inseriti nello stesso modello l’effetto rimaneva significativo solo per IFT tau. Inoltre, l’interazione tra QIV e IFT tau risultava significativa, mostrando che l’associazione tra i livelli di tau e MMSE era significativamente maggiore in coloro che avevano una bassa riserva cognitiva.
Questi risultati preliminari suggeriscono che la riserva cognitiva agisca tramite meccanismi che mascherano l’effetto dannoso dell’aggregazione della proteina tau, sebbene siano necessari ulteriori studi con campioni più ampi e con valutazioni longitudinali della performance cognitiva, al fine di chiarire attraverso quali meccanismi e in che misura la riserva cognitiva influenzi la relazione tra patologia di Alzheimer e performance cognitiva. La comprensione di questi processi potrebbe avere importanti implicazioni sia in ambito clinico, al fine di formulare diagnosi precoci più accurate, che di ricerca, permettendo di selezionare i partecipanti negli studi sulla malattia di Alzheimer nella fase preclinica tenendo in considerazione anche questa variabile.

Potete trovare l’articolo originale al seguente link.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27738998