A cura di Ilaria Passeggia

Alsawy S., Tai S., McEvoy P., Mansell W.
“It’s nice to think somebody’s listening to me instead of saying ‘oh shut up'”. People with dementia reflect on what makes communication good and meaningful.
J Psychiatr Ment Health Nurs. 2019 Aug 26. doi: 10.1111/jpm.12559. [Epub ahead of print]

I progressivi disturbi a livello cognitivo e linguistico che manifestano le persone affette da demenza potrebbero incidere negativamente anche sulle loro interazioni sociali, sulla relazione con i caregiver (coloro che se ne prendono cura) e, di conseguenza, sul proprio benessere. Identificare quali elementi possano migliorare le modalità comunicative tra pazienti e caregiver permetterebbe di ridurre alcuni rischi di isolamento sociale. A tale proposito, un recente studio inglese ha indagato cosa potrebbe rendere più efficace la comunicazione di pazienti con demenza, partendo proprio dalla loro prospettiva e non da quella dei familiari, come invece hanno fatto gli studi condotti in letteratura fino ad oggi. Sono stati intervistati 9 pazienti successivamente alla visione di filmati inerenti le loro interazioni con i propri familiari. Dalle interviste è emerso come, per i pazienti, il fatto di percepire i propri interlocutori interessati e partecipi nelle conversazioni agevoli una buona interazione all’interno della coppia e li incoraggi ad intraprendere nuovi discorsi. Anche la ricerca di vicinanza fisica ed emotiva da parte dei caregiver, aiuta il malato a sentirsi compreso, più coinvolto e maggiormente propenso a condividere i propri stati d’animo. Un altro fattore che dal punto di vista dei pazienti facilita le loro comunicazioni è il poter parlare tranquillamente senza il timore di venir interrotti in quanto ciò li fa sentire rispettati. Inoltre, conversare su temi allegri o su ricordi positivi aumenta il benessere degli intervistati. Invece, il fatto di colmare le lacune espressive, quando ad esempio non vengono le parole o il discorso diventa confuso, per alcuni malati rappresenta un elemento positivo, per altri meno. Certamente ciò che non li fa sentire a proprio agio è la pressione di dover dare la risposta giusta o il percepirsi sotto interrogazione da parte del proprio interlocutore. Alla luce di tali risultati, gli interventi di supporto ai caregiver dovrebbero enfatizzare l’importanza di riflettere su questi aspetti complessi messi in evidenza proprio dai malati.

Potete trovare l’articolo originale al seguente link:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31449719