A cura di Giulia Quattrini

Arboleda-Velasquez JF, Lopera F, O’Hare M, Delgado-Tirado S, Marino C, Chmielewska N, Saez-Torres KL, Amarnani D, Schultz AP, Sperling RA, Leyton-Cifuentes D, Chen K, Baena A, Aguillon D, Rios-Romenets S, Giraldo M, Guzmán-Vélez E, Norton DJ, Pardilla-Delgado E, Artola A, Sanchez JS, Acosta-Uribe J, Lalli M, Kosik KS, Huentelman MJ, Zetterberg H, Blennow K, Reiman RA, Luo J, Chen Y, Thiyyagura P, Su Y, Jun GR, Naymik M, Gai X, Bootwalla M, Ji J, Shen L, Miller JB, Kim LA, Tariot PN, Johnson KA, Reiman EM, Quiroz YT.
Resistance to autosomal dominant Alzheimer’s disease in an APOE3 Christchurch homozygote: a case report.
Nat Med. 2019 Nov;25(11):1680-1683.

L’allele 4 del gene per l’Apolipoproteina E (APOE) rappresenta il principale fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer (AD). Il gene presenta tre varianti alleliche, due delle quali hanno un ruolo nell’insorgenza della patologia: mentre la variante APOE2 riduce il rischio di sviluppare AD, la forma APOE4 ne aumenta la probabilità. La terza forma, APOE3, non ha alcun effetto sul rischio di AD. I meccanismi sottostanti, tuttavia, restano ancora oggetto di studio.

Recentemente è stato riportato il caso di una signora colombiana portatrice di una mutazione genetica causativa di AD (PSEN1) che tuttavia non ha sviluppato deficit cognitivi fino ad età avanzata. I portatori di una mutazione nel gene PSEN1 generalmente presentano decadimento cognitivo già a partire dai 40 anni, mentre la signora ha iniziato a manifestare un lieve decadimento delle funzioni di memoria solo all’età di 70 anni. Gli esami di imaging hanno evidenziato la presenza di placche amiloidi ma la quasi totale assenza di neurodegenerazione e taupatia (limitata a livello del lobo temporale mediale). Infine, anche il metabolismo cerebrale è risultato essere nella norma. Ulteriori esami genetici hanno rivelato che la signora è portatrice omozigote di una rara mutazione dell’allele APOE3 (chiamata Christchurch), che sembrerebbe in grado di bloccare i meccanismi che inducono la fosforilazione della proteina tau e, di conseguenza, la formazione dei grovigli neurofibrillari. Questa mutazione sembrerebbe quindi avrebbe un ruolo protettivo nei confronti dell’AD, e maggiore di quello conferito dalla già nota variante APOE2.

Studi futuri dovranno chiarire il ruolo di questa mutazione nel proteggere dallo sviluppo di AD e l’eventuale possibilità di mimarne gli effetti a scopo terapeutico.

Potete trovare ulteriori informazioni al seguente link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31686034