A cura di Valentina Saletti

In un’intervista della giornalista Sonja Riva per la RSI (radiotelevisione svizzera), il Prof. Giovanni B. Frisoni, neurologo, direttore della Clinica della Memoria di Ginevra e responsabile dell’Unità di Neuroimmagine e Epidemiologia Alzheimer dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia e la Prof. Monica Di Luca, ordinario di farmacologia all’Università di Milano La Statale, presidente di European Brain Council e vicepresidente di Airalzh onlus, hanno parlato in modo chiaro ed esaustivo della malattia di Alzheimer e delle principali sfide della ricerca, partendo dalla definizione della stessa. Come afferma il Prof. Frisoni si tratta di una malattia complessa, per la quale non è ancora stata trovata la “magic bullet” (pallottola magica) per risolvere il problema, anche se la catena di eventi che porta alla perdita di funzioni cognitive è più conosciuta rispetto al passato. La Prof. Di Luca sottolinea l’importanza di focalizzarsi sulle fasi precoci della malattia, infatti l’obiettivo che contraddistingue la ricerca è rivolto sempre più a cercare di stabilizzare e fermare la progressione della malattia stessa. Tuttavia un ostacolo è sicuramente il sistema legato ai finanziamenti, “è necessaria una maggiore intensità di finanziamenti sul problema a livello mondiale” afferma Frisoni, e aggiunge “la società non può chiedere ai ricercatori di risolvere un problema complesso come la malattia di Alzheimer se non ci sono le risorse sufficienti”. Purtroppo alcune ricerche non hanno prodotto i risultati sperati nell’identificazione di una cura della malattia e alcuni colossi dell’industria farmaceutica hanno smesso di investire in tale ambito. È vero, il traguardo non è stato ancora raggiunto, ma come afferma Frisoni “ci stiamo avvicinando (..) il cervello è un organo complicato e nascosto (..), ci vogliono tecnologie sofisticate (..) per studiarlo, tutto questo costa”. Monica Di Luca sottolinea come tutto quello che è stato fatto finora è importante, compresi i cosiddetti “fallimenti” della ricerca, in quanto hanno aiutato a capire la direzione da prendere, risulta fondamentale, infatti, agire in fase precoce. Come viene spiegato nell’intervista, la Svizzera dispone di una strategia nazionale sulla demenza, ma sono ancora numerosi i paesi in cui questa malattia passa in secondo piano. È chiara la necessità di un piano di azione coordinato a livello mondiale e un sostegno continuo alla ricerca affinché tutti gli sforzi fatti finora non risultino vani.

Per maggiori informazioni potete trovare l’intera intervista al seguente link:

https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/il-giardino-di-albert/Il-buio-dellAlzheimer-12437478.html