A cura di Monica Almici

“Frequency of Biologically Defined Alzheimer Disease in Relation to Age, Sex, APOE ɛ4, and Cognitive Impairment.”

Therriault J., Pascoal TA, Benedet AL, Tissot C., Savard M., Chamoun M., Lussier F., Kang MS, Berzgin G., Wang T., Fernandes-Arias J Massarweh G., Soucy JP, Vitali P., Saha-Chaudhuri P., Gauthier S., Rosa-Neto P.

Neurology, 2021.

 

La presenza simultanea delle proteine beta amiloide e tau nel cervello è ritenuta segno patognomonico della malattia di Alzheimer. Nel 2018 sono stati così introdotti nuovi criteri diagnostici di ricerca basati sull’osservazione di tali fenomeni neurobiologici.

Alla McGill University Research Centre for Studies in Aging in Canada, alcuni ricercatori hanno indagato quale sia il grado di corrispondenza tra la classica diagnosi clinica e quella neurobiologica, in un campione di 305 soggetti afferenti alla loro clinica della memoria. La frequenza della diagnosi biologica è stata inoltre studiata in relazione a età, sesso e status ApoE dei partecipanti.

I soggetti hanno ricevuto la diagnosi clinica a seguito di un assessment neurologico e neuropsicologico, mentre per la diagnosi neurobiologica sono stati sottoposti a due PET cerebrali, l’una con tracciante per la proteina amiloide e l’altra con tracciante per la tau.

Sulla base della diagnosi clinica, i partecipanti sono stati così suddivisi: 166 cognitivamente sani, 77 con diagnosi di decadimento cognitivo lieve amnesico e 62 con malattia di Alzheimer probabile.

La diagnosi neurobiologica ha invece permesso una classificazione dei partecipanti in base al loro profilo aBeta (A+/-) e Tau(T+/-).

Gli autori hanno osservato che: la positività ai biomarcatori aumenta progressivamente con l’età; il genotipo apoE ɛ4ɛ4 è significativamente più rappresentato nella diagnosi A+T+; non si osservano differenze in base al genere. Se nei soggetti cognitivamente sani è più frequente la positività ad abeta (A+) rispetto a tau (T+), il peggioramento dei deficit cognitivi va di pari passo con l’aumento della positività ad entrambi i biomarcatori; positività a tau si osserva raramente in assenza di abeta.

Questi dati indicano che anche in una clinica specializzata come il McGill Center la sola diagnosi clinica non è in grado di identificare tutti i soggetti con patologia Alzheimer: infatti, anche se nella maggioranza dei casi (85%) casi c’è corrispondenza tra diagnosi clinica e neurobiologica, nel restante 15% le diagnosi attribuite a malattia di Alzheimer sono dovute ad altre patologie. Condizioni quali sclerosi ippocampale ed encefalopatia a prevalenza limbica possono generare un progressivo peggioramento mnesico, generando falsi positivi nella diagnosi clinica dell’Alzheimer. Infine, l’osservazione che circa l’8% dei cognitivamente sani ha diagnosi biologica di Alzheimer, sprona ad affinare le diagnosi nei setting clinici tradizionali, così da intercettare precocemente le persone a maggior rischio di sviluppare i sintomi.

 

Potete trovare ulteriori informazioni al seguente link:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33443136/