A cura di Ilaria Passeggia
The impact of COVID-19 pandemic on people with mild cognitive impairment/dementia and on their caregivers.
Demenza e rischio suicidario: prevalenza e fattori di rischio
A cura di Ilaria Passeggia
Suicide and dementia: A systematic review and meta-analysis of prevalence and risk factors.
Ageing Res Rev. 2024 Sep;100:102445. doi: 10.1016/j.arr.2024.102445.
Un recente studio ha condotto una revisione sistematica della letteratura sul rapporto tra rischio suicidario e demenza cercando di comprendere le stime di prevalenza dell'ideazione suicidaria, dei tentativi di suicidio e dell'incidenza dei decessi per suicidio tra le persone con demenza (PwD) e fornendo un’analisi di quanto fattori come il tempo trascorso dalla diagnosi, l'età, la gravità della malattia e il sesso possano incidere sul rischio suicidario.
La nuova malattia da Coronavirus (COVID-19) si è diffusa in tutto il mondo portando con sé molteplici conseguenze dal punto di vista fisico e psicologico. Una recente ricerca greca ha indagato gli effetti della pandemia su una popolazione fragile, come i pazienti con demenza, e sui loro caregiver (chi se ne prende cura). È stato chiesto a 204 caregiver di adulti con disturbi cognitivi o con diagnosi di demenza di rispondere ad un questionario riguardante i possibili cambiamenti a livello fisico, psicologico e nelle attività quotidiane, notati nei propri cari e in se stessi, nel periodo di lockdown totale o parziale compreso tra febbraio e giugno 2020. Per quanto riguarda i pazienti è stato riscontrato un peggioramento significativo in tre delle varie aree indagate: comunicazione, umore e adeguamento alle misure adottate per il contenimento della pandemia. L’isolamento forzato e le difficoltà con le nuove tecnologie comunicative hanno portato i soggetti a sperimentare maggiore solitudine e distanza emotiva; inoltre, i problemi cognitivi inciderebbero con la comprensione delle nuove e molteplici norme restrittive e con la loro attuazione da parte dei pazienti. È importante sottolineare anche che non sono stati rilevati significativi cambiamenti dal punto di vista fisico, dell’appetito e a livello di deliri e comportamenti afinalistici. Tuttavia, la preoccupazione rivolta alla vulnerabilità dei pazienti e l’incremento del tempo dedicato alla loro gestione hanno inciso sulla qualità di vita dei caregiver, che hanno riportato maggiori carichi di ansia, stress e affaticamento fisico. Alla luce di tali dati e visto il protrarsi di ulteriori chiusure e periodi di isolamento, sarebbe importante stilare e mettere in atto specifici protocolli e misure in grado di proteggere e arrecare supporto, non solo ai malati, ma anche all’intero sistema familiare che si trova a dover gestirli in maniera sempre più incombente.
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