A cura di Michela Rampini
In occasione della 28° Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, la Federazione Alzheimer Italia ha presentato il nuovo Rapporto Mondiale Alzheimer 2021 dal titolo “Viaggio attraverso la diagnosi di demenza”. Nel Rapporto si affronta il tema della difficoltà di accesso alla diagnosi per le persone con demenza: circa il 75% dei 55 milioni di casi nel mondo infatti, non ha una diagnosi ufficiale. Si tratta di una cifra sconcertante, resa ancora più sorprendente perché aumenta di giorno in giorno, con previsioni che raggiungono i 78 milioni entro il 2030. A peggiorare questo andamento ci sono le misure adottate dalla maggior parte dei paesi per contenere la diffusione del COVID-19 durante il 2020-2021: le restrizioni di movimento hanno tagliato gran parte dell’accesso ai servizi sanitari per le persone con sintomi di demenza ed il pieno impatto di questa “parziale interruzione della diagnosi” si vedrà nei prossimi anni.
Situazione pandemica a parte, tra gli ostacoli principali che impediscono ad una persona di ricevere una corretta diagnosi troviamo: la difficoltà di accesso a medici qualificati (47%), la paura della diagnosi e delle sue conseguenze (46%) ed i costi (34%). Lo stigma inoltre risulta essere uno dei principali problemi: vi sono interi continenti in cui si crede ancora che la demenza sia “una maledizione di Dio o degli antenati o una maledizione del diavolo” e anche nei paesi più sviluppati, un medico su tre sostine che la diagnosi sia inutile perché ad oggi non esiste una cura per la demenza. Sebbene per la demenza non esista ad oggi un trattamento farmacologico risolutivo, come sottolinea Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, vi sono numerosi interventi “curativi” che è possibile mettere in atto per migliorare le condizioni di vita delle persone che ne sono affette come, per esempio, la promozione di comunità “dementia friendly” sempre più inclusive. Il Rapporto contiene anche una serie di raccomandazioni rivolte ai sistemi sanitari a livello globale, che dovrebbero introdurre controlli annuali sulla salute del cervello per le persone oltre i 50 anni ed iniziare a registrare le diagnosi in modo più accurato investendo per migliorare le capacità diagnostiche anche attraverso la messa a disposizione di strumentazioni e tecnologie adeguate.
L’intero Rapporto è consultabile al link:
https://www.alzint.org/resource/world-alzheimer-report-2021/
Buongiorno.
Le statistiche sono importanti perché documentano l’evoluzione delle dinamiche e dell’impatto sociale che il problema comporta anche a livello economico.
Una richiesta viene spontanea. Perché a livello mondiale non si interviene a rendere fruibile a tutti i progressi, anche se minimi, che in qualche parte del mondo vengono conseguiti e adottati? Un esempio: in America ci sono farmaci che vengono utilizzati perché approvati dall’agenzia americana del farmaco (FDA), mente in Italia per l’approvazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e la conseguente commercializzazione dobbiamo aspettare almeno due anni.
Gentile Lettore,
i tempi di approvazione di un nuovo farmaco sono piuttosto lunghi da parte di tutte le agenzie del farmaco. E questo è necessario per garantire l’accuratezza del processo di valutazione. Consideri che, per aducanumab, l’FDA americana ci ha messo un anno e mezzo per dare il proprio parere, a causa della particolare complessità dei dati di efficacia disponibili. Adesso il dossier del farmaco è al vaglio dell’agenzia europea (EMA) e solo poi sarà disponibile per la valutazione da parte dell’agenzia italiana (AIFA). Ma una notizia positiva è che l’EMA ha inserito aducanumab in un particolare programma, chiamato PRIME, che ha lo scopo di accelerare l’iter autorizzativo per farmaci destinati a pazienti con esigenze di cura insoddisfatte, ciò che dovrebbe comportare un notevole vantaggio per il suo sviluppo.
Lo staff del sito Centro Alzheimer