A cura di Cristina Festari e Evita Tomasoni
Si è da poco conclusa l’annuale conferenza internazionale Clinical Trial on Alzheimer’s Disease (CTAD; Boston, 9-12 novembre), un importante incontro incentrato principalmente sulle sperimentazioni farmacologiche per la malattia di Alzheimer (AD), cui partecipano gli esperti e i ricercatori del settore, per presentare e discutere i risultati preliminari dei lori studi, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo di trattamenti efficaci per combattere la malattia.
Molti sono stati gli interventi rilevanti. Per quanto riguarda i farmaci modificatori della storia naturale di malattia, che hanno come target farmacologico amiloide e tau, le due proteine tossiche che si accumulano nel cervello dei pazienti, il quadro che emerge evidenzia che i farmaci anti-amiloide sono efficaci, a livello biologico, nel ridurre i livelli di amiloide cerebrale, ma i benefici clinici sembrano modesti, essendo riferibili solo ad un miglioramento, a livello statistico, dei punteggi in alcune scale cognitive. Sono, inoltre, stati illustrati i risultati di un farmaco che ha come target la proteina tau, che mostrano un lieve miglioramento cognitivo. Da questi risultati, i passi futuri sembrano essere orientati verso lo studio combinato di farmaci che abbiano come target sia la proteina amiloide che la proteina tau.
Inoltre, il contributo del Prof. Ron Petersen, esperto di fama mondiale, insignito durante il congresso del prestigioso premio alla carriera nella ricerca terapeutica sulla AD, ha sottolineato l’importanza di intervenire sulla AD in modo tempestivo, cioè già all’esordio dei primi sintomi, e con un approccio multimodale, cioè utilizzando più molecole che abbiano diversi target farmacologici, perché sono molti i processi biologici che contribuiscono allo sviluppo di questa complessa malattia.
L’altro importante filone di ricerca discusso a Boston riguarda la validazione dei biomarcatori plasmatici per AD. Questi biomarcatori innovativi permetteranno, in un prossimo futuro, la rilevazione degli indicatori biologici di malattia attraverso un semplice prelievo ematico, invece che attraverso l’utilizzo di esami più complessi e costosi come la PET, influenzando così tutto il processo diagnostico.
Anche quest’anno il nostro laboratorio ha dato il suo contributo alla conferenza. Il prof. Frisoni ha presentato il modello probabilistico della malattia di Alzheimer (titolo della presentazione orale: The probabilistic model of Alzheimer disease: the amyloid hypothesis revised), cui sta lavorando con altri esperti europei del settore. La dott.sa Festari ha mostrato i risultati preliminari del progetto di supporto ai familiari di persone con demenza svoltosi lo scorso anno (titolo del poster: “ComuniChiAmo”: an e-Health pilot study for the development of a comunity support network for carers of people with dementia).
Link alla conferenza: https://www.ctad-alzheimer.com/
RINGRAZIO TANTISSIMO DELLE RISPOSTE FORNITE CHE DIMOSTRANO GRANDE ATTENZIONE ALLE PROBLEMATICHE CHE RIGUARDANO L’APPROCCIO A QUESTA TERRIBILE MALATTIA.
BUONGIONO.
LEGGO CON ATTENZIONE QUANTO EMERSO NELL’ULTIMO CONGRESSO INTERNAZIONALE PER LA MALATTIA DI ALZHEIMER DOVE SI RILEVA CHE SOSTANZIALMENTE NON CI SONO ALL’ORIZZONTE NOVITA’ NEL TRATTAMENTO DI QUESTA MALATTIA. NON C’E’ IL MINIMO ACCENNO A TERAPIE RIVOLUZIONARIE CHE POSSANO DARE QUALCHE SPERANZA AI MALATI E AI LORO FAMILIARI. LA TERAPIA CON CELLULE STAMINALI, CONSIDERATA AVVENIRISTICA, NON VIENE NEMMENO MENZIONATA. DEI BIOMARCATORI PLASMATICI SE NE PARLA DA TEMPO, MA SI DICE CHE SARANNO DISPONIBILI NEL FUTURO PROSSIMO. SPERIAMO SIA PROSSIMO. NESSUN CENNO SIA SULL’ANTICORPO MONOCLONALE ADUCANUMAB (APPROVATO DALL’AGENZIA DEL FARMACO AMERICANA) NE SULLA PROTEINA NITROMEMANTINA CHE PARE DIA BUONI RISULTATI NELLA FASE DI INSORGENZA DELL’ALZHEIMER. CERTO CHE ATTUALMENTE TUTTO E’ CONCENTRATO NEL CONTROLLO DELLA PANDEMIA COVID-19. SPERIAMO CHE ALMENO QUESTO SI RIESCA A OTTENERE. SALUTI
Gentile Lettore,
vogliamo ringraziarLa per le sue domande che ci permettono di approfondire ulteriormente l’argomento trattato. Il messaggio principale che emerge dalle presentazioni del congresso è che davvero moltissimi gruppi di ricercatori sono impegnati a studiare i complessi meccanismi biologici sottostanti la malattia di Alzheimer (AD) e a sperimentare trattamenti farmacologici e non farmacologici, al fine comune di arrestare il decorso dell’AD. I risultati preliminari degli studi testanti i farmaci anti-amiloide, tra i quali vi è anche Aducanumab, hanno occupato buona parte della discussione, come accennato nel nostro articolo. Un gruppo di ricercatori americani ha presentato dei risultati preliminari di uno studio pilota in cui hanno testato una terapia con cellule staminali. Lo studio, cui hanno partecipato solo 24 pazienti con AD, ha permesso di osservare un modesto effetto di rigenerazione del volume di alcune strutture del cervello, effetto di cui non si conosce il significato clinico sui sintomi e che necessita di essere replicato con un numero maggiore di partecipanti. Non sono stati presentati invece dati riguardanti nitromemantina, la cui sperimentazione è ancora solo nell’animale.
Lo staff del sito Centro Alzheimer