A cura di Claudio Singh Solorzano
Nel continuum della malattia di Alzheimer (AD), l’accumulo di proteina beta-amiloide (A+) nel cervello risulta essere l’evento primario della cascata patofisiologica, a cui seguono accumulo di proteina tau-iperfosforilata (T+) e neurodegenerazione. Quando una persona presenta livelli normali di proteina beta-amiloide (A-) e livelli anormali di proteina tau-iperfosforilata nel cervello (T+), viene categorizzata come “suspected non-AD pathophysiology (SNAP)” o “primary age-related tauopathy (PART)”, una condizione verosimilmente non legata ad AD. Tuttavia questa condizione è poco frequente nella popolazione generale e non è chiara la prognosi di malattia in questo gruppo, ossia se abbia un maggiore rischio di sviluppare declino cognitivo.
Considerando le coorti “Mayo Clinic Study of Aging (MCSA)” e “Mayo Clinic Alzheimer’s Disease Research Center (ADRC)”, un recente studio ha selezionato 98 persone con profilo di biomarcatori A-T+ (età media = 72.3, 64% maschi, 98% caucasici), appaiando per età e genere 196 casi controlli con profilo di biomarcatori A-T- (gruppo di controllo). I soggetti sono stati sottoposti a scansione PET per la quantificazione dei livelli di amiloide e tau tramite Standardized Uptake Value ratio (SUVr) e la categorizzazione nei profili A-T- e A-T+, e ad una serie di test cognitivi per indagare i domini della memoria, linguaggio, funzioni esecutive e processi visuo-spaziali.
I risultati hanno mostrato che i livelli di beta-amiloide non differivano tra soggetti A-T+ e A-T- e che l’accumulo di proteina tau nel gruppo A-T+ interessava principalmente i lobi temporali mediali (pattern suggestivo di PART). Il gruppo A-T+ aveva una performance cognitiva peggiore rispetto al gruppo A-T- in tutti i domini cognitivi valutati. Inoltre, nei soggetti A-T+ con decadimento cognitivo (42.9% del campione) i livelli di proteina beta-amiloide erano più bassi e i livelli di tau-iperfosforilata più alti rispetto ai soggetti A-T+ senza decadimento cognitivo.
Questi risultati forniscono le prime indicazioni sulle caratteristiche dei soggetti con un profilo di biomarcatori A-T+ e del loro maggiore rischio di peggiore performance cognitiva. Tuttavia sono necessari ulteriori studi longitudinali e in coorti diversificate per capire meglio i processi patologici e la prognosi in questi soggetti.
Per un approfondimento, di seguito il link all’articolo originale: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38159060/