A cura di Silvia Saglia

Jia J, Ning Y, Chen M, Wang S, Yang H, Li F, Ding J, Li Y, Zhao B, Lyu J, Yang S, Yan X, Wang Y, Qin W, Wang Q, Li Y, Zhang J, Liang F, Liao Z, Wang S.
Biomarker Changes during 20 Years Preceding Alzheimer’s Disease.
N Engl J Med. 2024 Feb 22;390(8):712-722. doi: 10.1056/NEJMoa2310168. 

La malattia di Alzheimer (AD) è caratterizzata da una lunga fase preclinica in cui sono presenti alterazioni in specifici biomarcatori di malattia – proteine beta amiloide (Aβ) e tau – in assenza di deficit cognitivi. Tali conoscenze derivano principalmente da osservazioni neuropatologiche, che però non permettono di tracciare la progressione di malattia nel tempo, e da studi condotti in pazienti con AD a trasmissione genetica dominante, che tuttavia rappresentano solo una piccola percentuale dei casi di demenza.  La conferma di questo modello nelle forme sporadiche di malattia è complicata dalla necessità di seguire i pazienti per lunghi periodi di tempo, dell’ordine di decenni. La maggior parte degli studi che hanno indagato le alterazioni dei biomarcatori di malattia sono infatti di tipo trasversale oppure hanno seguito i partecipanti per periodi relativamente brevi.

Un recente studio longitudinale multicentrico pubblicato su The New England Journal of Medicine, la più importante rivista medica, ha monitorato dal 2000 al 2020 migliaia di persone cognitivamente sane, di età compresa tra i 45 e i 65 anni, raccogliendo periodicamente marcatori di malattia attraverso prelievi di liquido cerebrospinale (CSF), valutazioni cognitive e risonanze magnetiche cerebrali. I ricercatori hanno confrontato i dati di 648 persone che all’ultima valutazione di follow-up avevano ricevuto una diagnosi di demenza AD, con un numero equivalente di persone rimaste cognitivamente sane. Quello che è emerso è che nel CSF dei pazienti convertiti a demenza è osservabile una diminuzione dei livelli di Aβ42 e del rapporto Aβ42/Aβ40 tra 18 e 14 anni prima della diagnosi, un incremento di proteina tau 181 fosforilata e tau totale 11 anni prima dell’esordio di malattia, e che una riduzione del volume ippocampale e il declino cognitivo sono osservabili rispettivamente 8 e 6 anni prima della diagnosi.

Sebbene ulteriori studi siano necessari per capire se i risultati siano generalizzabili ad altre popolazioni, questi dati confermano in maniera convincente che l’AD ha una lunga fase preclinica. Questa fase silente può rappresentare la finestra ideale per prevenire il declino cognitivo attraverso interventi di prevenzione secondaria mirati a contrastare le alterazioni patologiche.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda all’articolo originale: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38381674/