A cura di Samantha Galluzzi e Elena Gatti

Fortea J, Pegueroles J, Alcolea D, Belbin O, Dols-Icardo O, Vaqué-Alcázar L, Videla L, Gispert JD, Suárez-Calvet M, Johnson SC, Sperling R, Bejanin A, Lleó A, Montal V.
APOE4 homozygozity represents a distinct genetic form of Alzheimer’s disease.
Nat Med. 2024 May 6. doi: 10.1038/s41591-024-02931-w. Epub ahead of print.

È stata diffusa recentemente dalla stampa nazionale la notizia della ‘scoperta’ di una nuova forma genetica di malattia di Alzheimer, nella quale gli individui portatori di due copie (omozigoti) della variante APOE4 del gene dell’apolipoproteinaE ‘quasi certamente si ammaleranno di Alzheimer’, come riportato su molti comunicati stampa. La variante genetica APOE4 è un fattore di rischio per la malattia di Alzheimer sporadica (non ereditaria) noto già da 30 anni. La notizia si riferisce ad uno studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine che ha analizzato i dati patologici post-mortem di 3.297 cervelli conservati nel National Alzheimer’s Coordinating Center, Stati Uniti (tra cui 273 omozigoti per il gene APOE4) e i dati clinici e biologici in vivo di oltre 10.000 individui (fra cui 519 omozigoti per il gene APOE4) provenienti da cinque grandi coorti multicentriche (Europa e Stati Uniti). I ricercatori hanno osservato che una proporzione maggiore degli omozigoti per APOE4 mostrano nel loro cervello segni indicatori di una biologia Alzheimer (accumulo di amiloide e tau) rispetto ai non portatori della variante APOE4 (75% vs 50% nei due gruppi, rispettivamente). Tuttavia, precedenti studi longitudinali hanno mostrato che il 50% degli individui omozigoti per APOE4 non svilupperà clinicamente la demenza di Alzheimer. Quindi, avere un genotipo predisponente come APOE4 non significa essere destinati a sviluppare la demenza, pur in presenza di segni biologici di malattia di Alzheimer nel cervello. Ciò dimostra l’importanza, quando si legge sulla stampa di nuove scoperte su una malattia, informarsi in modo approfondito sul loro reale significato, per non incorrere in facili fraintendimenti.

Potete trovare l’articolo originale al seguente link:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38710950/