A cura di Claudio Singh Solorzano

Bieger A, Brum WS, Borelli WV, Therriault J, De Bastiani MA, Moreira AG, Benedet AL, Ferrari-Souza JP, Da Costa JC, Souza DO, Castilhos RM, Schumacher Schuh AF, Fagundes Chaves ML, Schöll M, Zetterberg H, Blennow K, Pascoal TA, Gauthier S, Rosa-Neto P, Schilling LP, Zimmer ER, for Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative.
Influence of Different Diagnostic Criteria on Alzheimer Disease Clinical Research.
Neurology. 2024 Sep 10;103(5):e209753. doi: 10.1212/WNL.0000000000209753.

Negli ultimi anni, i criteri diagnostici sviluppati dal National Institute on Aging insieme all’Alzheimer’s Association (NIA-AA) e dall’International Working Group (IWG) per la malattia di Alzheimer (AD) si sono aggiornati, con un chiaro passaggio da una diagnosi basata su criteri clinici ad una basata sui biomarcatori. Tuttavia non è chiaro se i vari criteri diagnostici siano coerenti e consistenti tra di loro, anche relativamente al loro valore prognostico nel continuum dell’AD.

In questo studio, sono stati presi in considerazioni diverse linee guida per la diagnosi di AD (2011 NIA-AA, 2016 IWG-2, 2018 NIA-AA, and 2021 IWG-3) e sono state applicate per classificare 1195 soggetti (età media = 73 anni, 44% genere femminile) appartenenti ad una coorte derivante dall’Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative (ADNI). I partecipanti sono stati classificati in 3 gruppi: persone senza AD (nAD), persone a rischio di sviluppare AD (rAD) e persone con AD. La classificazione è stata basata su un algoritmo che comprendeva i seguenti domini: valutazione cognitiva, valutazione funzionale, criteri di esclusione per la diagnosi di AD e risultato dei biomarcatori. Inoltre, si è analizzato il valore prognostico di ciascuna linea guida nel predire la transizione da uno stato di nAD o rAD a decadimento cognitivo dovuto ad AD. I principali risultati dello studio hanno mostrato che i diversi criteri diagnostici per l’AD possono portare a diagnosi differenti lungo il continuum dell’Alzheimer; in particolare, le diagnosi basate sulle linee guida divergevano in almeno il 42,8% dei casi, con il 39,2% dei partecipanti classificati come AD secondo le linee guida NIA-AA del 2011, il 33,6% secondo le IWG-2 del 2016, il 50,0% secondo le NIA-AA del 2018 e il 40,4% secondo le IWG-3 del 2021. Gran parte delle discordanze si sono osservate in partecipanti che presentavano anomalie solo in 1 biomarcatore per AD, in particolare 138 casi positivi solo a β-amiloide e 191 positivi solo a tau. Infine, tutte le linee guida ad eccezione delle NIA-AA del 2018 sono risultate efficaci nel predire la conversione clinica negli individui asintomatici.

Questi risultati confermano che l’utilizzo di differenti linee guida può portare alla diversa categorizzazione delle stesse persone nel continuum dell’AD. Ulteriori studi sono necessari per testare altre linee guida (es. NIA-AA 2024), in modo da individuare le principali divergenze e produrre criteri unificati che incorporino una considerazione accurata dei biomarcatori in ottica prognostica e uno schema aggiornato per la stadiazione della malattia.

Per un approfondimento, di seguito il link all’articolo originale:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39167736/