A cura di Silvia Saglia

Ossenkoppele R, Pichet Binette A, Groot C, Smith R, Strandberg O, Palmqvist S, Stomrud E, Tideman P, Ohlsson T, Jögi J, Johnson K, Sperling R, Dore V, Masters CL, Rowe C, Visser D, van Berckel BNM, van der Flier WM, Baker S, Jagust WJ, Wiste HJ, Petersen RC, Jack CR Jr, Hansson O.
Amyloid and tau PET-positive cognitively unimpaired individuals are at high risk for future cognitive decline.
Nat Med. 2022 Nov;28(11):2381-2387. doi: 10.1038/s41591-022-02049-x. Epub 2022 Nov 10.

 

L’accumulo extracellulare di proteina beta-amiloide e la formazione intracellulare di grovigli neurofibrillari di proteina tau fosforilata sono i due marcatori biologici necessari per la diagnosi di malattia di Alzheimer (AD). Rimane poco noto tuttavia il loro valore per predire la comparsa dei sintomi di declino cognitivo. 

Un recente studio multicentrico pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine ha analizzato il rischio di sviluppare deficit cognitivi in 1325 soggetti cognitivamente sani di età compresa tra 57 e 86 anni, stratificati sulla base dei biomarcatori rilevati tramite PET cerebrale con tracciante per amiloide e tau (A+T+, A+T-, A-T-). Il campione A+T+ è stato ulteriormente suddiviso sulla base della presenza della proteina tau nei soli lobi temporali mediali (A+TMTL+) o nella neocorteccia temporale (A+TNEO-T+). Le traiettorie cognitive sono state esaminate attraverso un punteggio composito – il modified Preclinical Alzheimer Cognitive Composite (mPACC) – specificatamente sviluppato per rilevare i cambiamenti cognitivi negli stadi preclinici dell’AD e sono state monitorate per 72 mesi. I risultati mostrano che i soggetti con biomarcatori A+T+ e A+T- hanno un aumentato rischio di progressione a decadimento cognitivo lieve (MCI) rispetto ai soggetti con biomarcatori A-T-, più marcato nel gruppo A+TNEO-T+ (HR=19.2 vs HR=14.6 in A+TMTL+ e HR=2.4 in A+T-). Il gruppo A+TNEO-T+ ha anche dimostrato il più rapido declino cognitivo rispetto agli altri gruppi. La metà dei soggetti A+T+, tuttavia, non ha progredito a MCI nei 4 anni di monitoraggio, evidenziando come fattori di resilienza legati alla genetica, allo stile di vita o ad altri fattori cerebrali come la perdita sinaptica o la neuroinfiammazione debbano essere presi in considerazione per ottimizzare futuri modelli di predizione del declino cognitivo.

Questo studio e studi futuri su campioni più ampi e diversificati di popolazione potranno essere utili per arricchire i clinical trials dei farmaci modificatori di malattia con persone a maggiore rischio di AD, che potrebbero trarre maggiore beneficio dal trattamento.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda all’articolo originale:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36357681/