A cura di Elena Rolandi

Increased florbetapir binding in the temporal neocortex from age 20 to 60 years.
Gonneaud J, Arenaza-Urquijo EM, Mézenge F, Landeau B, Gaubert M, Bejanin A, de Flores R, Wirth M, Tomadesso C, Poisnel G, Abbas A, Desgranges B, Chételat G.
Neurology. 2017 Dec 12;89(24):2438-2446. doi: 10.1212/WNL.0000000000004733. Epub 2017 Nov 17.

L’accumulo di amiloide nel cervello è uno dei segni neuropatologici distintivi della malattia di Alzheimer. Finora l’amilodosi cerebrale è stata studiata in vivo tramite PET in persone sopra i 50 anni, mostrando che circa il 20-30% degli anziani cognitivamente sani risultano positivi all’esame. Scopo del presente studio è stato quindi quello di studiare il processo di amiloidosi cerebrale nella prima età adulta e nella mezza età tramite PET con florbetapir.
Sono state quindi analizzate le immagini di 76 partecipanti cognitivamente sani con età compresa tra i 20 e i 60 anni, 57 anziani cognitivamente sani e 70 pazienti (40 con deficit cognitivo lieve, 30 con probabile malattia di Alzheimer).
L’uptake corticale del tracciante aumentava lentamente e in modo lineare dai 20 ai 60 anni, controllando per scolarità, sesso e presenza della variante e4 del gene APOE. A livello regionale, tramite un metodo di analisi voxel-wise, si osservava un aumento significativo di amiloidosi collegato all’età nella corteccia temporale media esteso fino al giro angolare. Nei pazienti, rispetto ai controlli anziani, l’accumulo era presente soprattutto nelle regioni frontali mediali e laterali e nel precuneo, con una scarsa sovrapposizione con le regioni riscontrate nel gruppo dei più giovani.
Sulla base dei risultati e degli studi precedenti, gli autori ipotizzano l’esistenza di due processi distinti: 1) una fase precoce fisiologica, caratterizzata da un lento accumulo di amiloide cerebrale, prevalentemente ristretto alle regioni temporali e non necessariamente indicativa di un aumentato rischio di malattia di Alzheimer; 2) una fase potenzialmente patologica, che inizia verso i 50-60 anni in alcuni individui, caratterizzata da un più rapido e diffuso accumulo e possibilmente associata alla malattia di Alzheimer e ai deficit cognitivi.

Tuttavia sono necessari ulteriori studi che indaghino queste ipotesi tramite osservazioni longitudinali.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29150540