Nella malattia di Alzheimer, spesso, al deterioramento cognitivo si associano disturbi del comportamento (BPSD). In particolare l’agitazione e l’aggressività sono più frequenti e più complessi da gestire per il grosso carico assistenziale ed emotivo a cui sono sottoposti i familiari, tanto da rappresentano un forte motivo di istituzionalizzazione del malato. Anche se non esistono trattamenti specifici, alcune classi di farmaci possono essere utili. E’ stata effettuata recentemente una revisione scientifica di tali trattamenti farmacologici che ha fornito indicazioni precise sul tipo di farmaci da utilizzare, tempi e modalità di somministrazione, naturalmente sotto stretto controllo sanitario. Numerosi studi hanno posto in evidenza l’efficacia degli antipsicotici atipici nel trattamento dei BPSD e la migliore tollerabilità di questi rispetto ai neurolettici classici che inducono con maggior frequenza sedazione, rallentamento della deambulazione e instabilità posturale, da assumere per brevi periodi di tempo. Da ultimo, alcuni pazienti sembrano rispondere soddisfacentemente anche a trattamenti alternativi con memantina, alcuni farmaci antiepilettici (per la loro efficacia nei disturbi affettivi di tipo maniacale) e inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) con effetto sedativo, senza significativi effetti collaterali. L’indicazione primaria per la gestione di questi disturbi rimane comunque quella di adottare strategie non-farmacologiche/comportamentali. L’aggressività talvolta si attenua o scompare se accanto al malato c’è la presenza costante di una persona che ha la capacità di rimanere il più possibile calma, che parli al malato con gentilezza, e cerchi di distrarlo dall’evento che gli ha causato agitazione. Questo perché l’aggressività del malato di Alzheimer non è consapevolmente rivolta verso la persona, ma costituisce l’espressione della malattia (il danno cerebrale) che accentua gli aspetti negativi del carattere e addirittura ne fa emergere di nuovi. Altre volte invece può essere scatenata da una situazione che, a causa dei deficit di memoria e dell’incapacità di decodifica degli stimoli e dei messaggi, provoca nel malato confusione, agitazione, senso di incapacità.