A cura di Valentina Nicolosi
Un recente studio, pubblicato su Science Advances, ha identificato due anticorpi contro il principale indiziato nell’insorgenza della malattia di Alzheimer (AD): il peptide beta-amiloide.
Il metodo utilizzato dai ricercatori è lo screening di sequenze virtuale, un modo rapido ed economico che consiste nell’estrarre da un archivio computerizzato gli anticorpi che si legano selettivamente ad una specifica regione della beta-amiloide ad uno stato iniziale. Una volta identificati gli anticorpi di interesse, si sviluppa un gene che codifica per quell’anticorpo e lo si introduce nel DNA di un batterio che poi produce la proteina.
Test in vitro e in nematodi, ossia vermi con caratteristiche genetiche simili ai mammiferi, hanno rilevato due anticorpi capaci di interrompere l’iper-espressione e l’aggregazione del peptide beta-amiloide e di sopprimere significativamente la tossicità da essa mediata.
A differenza degli anticorpi “tradizionali”, quelli prodotti hanno dimensioni ridotte e oltrepassano facilmente la barriera emato-encefalica senza innescare una risposta infiammatoria. Tale effetto collaterale ha invece ostacolato precedenti tentativi di immunoterapia per l’AD.
Contrastare l’amiloidosi è una strategia promettente per prevenire o trattare tale malattia neurodegenerativa. Tuttavia, nonostante lo studio fornisca un chiaro approccio metodologico ed evidenze incoraggianti, deve ancora essere testato sull’uomo.
Potete trovare ulteriori informazioni al seguente link.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28691099