Breitner JC et al. (2009)
Risk of dementia and AD with prior exposure to NSAIDs in an elderly community-based cohort.
Neurology. [Epub ahead of print] 

La questione se gli antinfiammatori prevengano lo sviluppo di demenza è ancora irrisolta. Alcuni studi epidemiologici trovano una riduzione del rischio, altri non trovano alcuna associazione e un clinical trial su naprossene e celecoxib, interrotto a causa dell’elevata frequenza di eventi avversi, non ha dimostrato una riduzione del rischio di sviluppare malattia di Alzheimer (AD) in chi assumeva l’antinfiammatorio. Un nuovo studio osservazionale cerca di gettare nuova luce sull’argomento. Più di 3000 ultra65enni (un quarto erano ultra80ennni) sono stati arruolati tra il 1994 e il 2003 e seguiti per almeno 10 anni. Quattrocentosettantasei hanno sviluppato demenza, per la maggior parte AD. La valutazione dell’esposizione agli antinfiammatori è stata effettuata in modo accurato sulla base di un database elettronico di tutti i farmaci dispensati, all’interno del quale era riportato il nome del farmaco ed il dosaggio assunto fin dal 1977. I risultati hanno inaspettatamente dimostrato che i soggetti che facevano un pesante uso di antinfiammatori avevano un rischio di demenza aumentato del 66% rispetto a chi ne faceva un uso leggero o non ne utilizzava. Una possibile spiegazione è che l’effetto degli antinfiammatori non sia quello di prevenire, ma solo di ritardare l’esordio della demenza: in questo caso, studiandone l’effetto in una popolazione relativamente giovane si osserverebbero meno casi di demenza, ma studiandolo in una popolazione anziana come quella dello studio in oggetto, si osserverebbero più casi di demenza, come infatti è accaduto. Non si tratterebbe, comunque, di una cattiva notizia poichè, per una malattia come la AD per la quale attualmente non esiste una terapia, anche solo un ritardo dell’esordio potrebbe avere importanti implicazioni per la salute pubblica.