Mausbach BT et al. (2013)
A Comparison of Psychosocial Outcomes in Elderly Alzheimer Caregivers and Noncaregivers.
Am J Geriatr Psychiatry. 21:5-13.

I familiari che assistono i malati di Alzheimer (caregiver) sono una risorsa preziosissima per i propri cari. Tuttavia, un’ampia letteratura suggerisce che lo stress cronico, associato al fornire assistenza a un proprio caro con demenza, può avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale del caregiver. Infatti, l’attività del caregiving è stata associata ad un aumentato rischio di sviluppo di malattie cardiache, di ansia e di depressione. Anche se è chiaro che i caregiver sono più a rischio di sperimentare peggioramenti del loro stato di benessere è importante indagare quali sono le aree che maggiormente influiscono nel determinare questi esiti in modo che si possano precocemente riconoscere e trattare.
A tale scopo, Mausbach e colleghi, hanno confrontato un campione di 125 caregiver di pazienti affetti da malattia di Alzheimer con 60 anziani noncaregiver in riferimento a vari fattori psicosociali che comprendono: lo stress, l’umore, gli stili di coping negativi e positivi (modalità di adattamento con le quali si fronteggiano situazioni stressanti) e il ricorso all’utilizzo dei servizi sanitari. Dal loro studio è emerso che i due gruppi presentano diversità su una molteplicità di fattori. In particolare, i caregiver sperimentano un livello globale di stress più elevato del gruppo di controllo e sono più esposti a fattori di stress comportamentali e funzionali da parte del consorte. Per quanto riguarda l’umore chi assiste un familiare malato di Alzheimer sperimenta significativamente più sintomi depressivi e emozioni di paura, ostilità e tristezza uniti a minore positività e allegria. Inoltre, circa il 25% dei caregiver riferisce di assumere una terapia antidepressiva, sebbene il 69% di essi continui a sperimentare marcati sintomi depressivi. In aggiunta, i caregiver riportano un significativo minor accesso alle risorse psicologiche come ad esempio: il supporto sociale, le competenze personali, le attività piacevoli e l’autoefficacia percepita nella soluzione di problemi e nell’ottenere supporto sociale. Dai risultati emerge inoltre come vivere con un malato di Alzheimer porti una marcata e significativa restrizione delle attività.
In conclusione, dallo studio di Mausbach e colleghi emergono diverse aree di possibile intervento per migliorare lo stato di salute e di benessere dei familiari che assistono un malato di Alzheimer con particolare riferimento ai sintomi depressivi che permangono nonostante il trattamento farmacologico. È fondamentale che questi aspetti vengano riconosciuti precocemente sia dai clinici che dal nucleo famigliare in modo che si possa programmare un intervento bio-psico-sociale tempestivo e mirato.

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