A cura di Lorenzo Pini
NIA-AA Research Framework: Toward a biological definition of Alzheimer’s disease.
Jack CR Jr, Bennett DA, Blennow K, Carrillo MC, Dunn B, Haeberlein SB, Holtzman DM, Jagust W, Jessen F, Karlawish J, Liu E, Molinuevo JL, Montine T, Phelps C, Rankin KP, Rowe CC, Scheltens P, Siemers E, Snyder HM, Sperling R; Contributors.
Alzheimers Dement. 2018 Apr;14(4):535-562.
Dopo diversi anni di discussione, un pannello di esperti internazionali riuniti sotto l’egida dell’Alzheimer’s Association e del National Institute on Aging ha pubblicato una nuova definizione di malattia di Alzheimer (AD). Come il titolo suggerisce, la malattia viene definita sulla base di specifici processi patologici, discostandosi dall’approccio basato sull’osservazione dei sintomi clinici e sul deterioramento delle funzioni cognitive e funzionali. Non si tratta di un cambiamento puramente formale, ma di un cambio di prospettiva analogo a quello sperimentato in altre condizioni mediche (es. diabete, cardiopatia) che possono essere identificate prima della comparsa di specifici sintomi. L’obiettivo consiste nel fornire indicatori oggettivi di classificazione della AD ai ricercatori che si occupano dello studio della patofisiologia della malattia e della conduzione di clinical trial. Questo nuovo quadro teorico definisce la malattia sulla base della presenza in vivo di specifiche proteine tossiche, mediante analisi biochimica o metodiche di neuroimaging. Secondo gli autori, la definizione biologica di AD è indipendente dal fenotipo clinico (tipicamente la presenza di deficit mnestici) ma basata sullo schema A/T/N, dove “A+” e “T+” denotano lo stato patologico della proteina beta-amiloide (Aβ) e tau fosforilata, rispettivamente, mentre “N+” si riferisce alla presenza di neurodegenerazione (es. ipometabolismo o atrofia corticale). Secondo questa nuova definizione, la AD viene riferita in un continuum, in cui le alterazioni delle diverse proteine definiscono lo stato di malattia. Un individuo “A-” sarà considerato non affetto da AD (o con cambiamenti patologici di tipo non AD, se “T+” e/o “N+”), mentre un individuo con uno stato patologico limitato alla proteina Aβ (“A+”, “T-” e “N-”) sarà in una condizione che gli autori definiscono di cambiamento patologico di tipo AD, ossia in una fase iniziale di malattia. La diagnosi di AD può invece essere applicata unitamente alla presenza di uno stato patologico di “A+” e “T+”. Uno stato “N+” (evidenza di neurodegenerazione) non supporta invece la diagnosi ma è un indicatore dello stadio di malattia. Queste nuove linee guida sono esclusivamente per uso di ricerca e potrebbero aiutare nella comprensione della patofisiologia e nel disegnare interventi che hanno come bersaglio i substrati biologici della patologia, permettendo di studiare la malattia nelle sue fasi precoci in assenza di sintomi clinici. Diversamente, il loro utilizzo in contesti clinici di routine sarebbe prematuro e inappropriato secondo gli stessi autori.
Per l’articolo completo:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29653606