Shakersain B et al. (2016)
Prudent diet may attenuate the adverse effects of Western diet on cognitive decline.
Alzheimers Dement. 12:100-109
Il declino cognitivo è il deterioramento legato all’età, che colpisce le funzioni cognitive. Può comportare difficoltà di memoria, di linguaggio o di altre abilità e può portare a diagnosi di decadimento cognitivo lieve (MCI) o demenza. Attualmente, per queste patologie, non esistono terapie efficaci ed aumenta l’interesse dei ricercatori riguardo ai fattori di rischio modificabili del declino cognitivo, uno dei quali è la dieta. Gli autori di questo studio, che ha coinvolto più di duemila ultrasessantenni svedesi non dementi, hanno indagato l’impatto del tipo di nutrizione sul funzionamento cognitivo. Sono emersi due principali stili alimentari: quello “Occidentale” e quello “Prudente”. Il primo è caratterizzato da una maggiore assunzione di carni rosse o trattate, grassi (saturi ed insaturi), cereali raffinati, zucchero, birra e liquori mentre il secondo si caratterizza per il maggior consumo di frutta e verdura, olio, legumi, cereali integrali, riso, pasta, latticini a basso contenuto di grassi, pesce, pollame ed acqua. È emerso che, durante i sei anni di durata dello studio, un’alta aderenza allo stile alimentare Occidentale era associato con maggiore declino cognitivo; il contrario avviene seguendo il regime dietetico Prudente. Per di più, la frequente assunzione di cibi appartenenti alla dieta “prudente” sembra attenuare gli effetti avversi dell’alimentazione “occidentale”. Nello specifico, il declino cognitivo associato alla dieta Occidentale si riduce del 50% quando si combina con un consumo più frequente di cibi appartenenti allo stile prudente. Questo suggerisce che i potenziali effetti negativi sul declino cognitivo, dovuti ad un’elevata assunzione di alimenti poco sani, possono essere significativamente contrastati da un consumo maggiore di cibo sano. In particolare, assumere grandi quantità di frutta e verdura, cereali integrali e pesce, si associa a funzionalità cognitiva conservata. Sarebbe auspicabile che tali risultati avessero implicazioni pratiche sull’educazione alimentare e negli interventi nutrizionali per la prevenzione del declino cognitivo e della demenza.