A cura di Roberta Baruzzi
Il principale fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer (AD) è rappresentato dall’allele ԑ4 del gene APOE. Tuttavia, esistono altre varianti genetiche che possono influire sull’insorgenza di AD, benché in misura meno significativa. In un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet Neurology sono stati coinvolti più di 12 mila adulti sani con età superiore a 45 anni provenienti dal Rotterdam Study, uno studio prospettico olandese, nel quale i ricercatori hanno voluto misurare gli effetti di 23 varianti genetiche comuni – considerate congiuntamente e separatamente ad APOE-ԑ4 – sul rischio e sull’età di esordio della malattia. I partecipanti sono stati divisi a seconda del genotipo APOE e le varianti genetiche sono state scomposte in tre sottogruppi in base ad un punteggio di rischio genetico (GRS): basso, medio ed alto. Ad un successivo follow-up di controllo a distanza di circa 11 anni, 1262 dei partecipanti allo studio avevano sviluppato AD. Dalle analisi effettuate, si è visto un aumento significativo del rischio di sviluppare AD per effetto dell’interazione tra le varianti genetiche e l’allele APOE-ԑ4. In particolare, nei portatori omozigoti di APOE-ԑ4, l’età di esordio della patologia veniva anticipata di 10 anni nel gruppo ad alto rischio (79 anni) rispetto al gruppo con un basso rischio (89 anni). Pertanto gli autori mostrano come alcune varianti genetiche comuni, che considerate singolarmente hanno un effetto basso sul rischio di sviluppare AD, manifestano un effetto significativo quando considerate unitamente ad APOE-ԑ4. Questo è un aspetto da considerare per comprendere meglio i fattori di rischio nell’AD e per migliorare il disegno dei trial clinici di prevenzione.
È possibile visionare l’articolo originale al seguente link:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29555425