Il mio lavoro e’ in mezzo alla gente e da sempre mi relaziono con personalità differenti dalla mia e a volte in situazioni ostili.
Quando al telefono mi presentavo e mi chiedevano “Come va”, rispondevo ” Magnificamente” cercando di dare ottimismo, ora mi limito a dire ”Mi difendo accanitamente”.

Mi scuso con Voi se sono sempre stato molto taciturno, non e’ nella mia natura essere una “attaccabottoni”, ma le parole non riuscivano a passare dal cervello alla bocca, così per quest’ultimo incontro, dove non sarò presente, ho cercato di dare un piccolo contributo scritto.
Ho ascoltato le Vostre parole e le ho assimilate, invidiando la capacità di “buttarle fuori” e forse, così, di farvi una ragione di ciò che sta accadendo o è accaduto.

Nostra mamma, di mio fratello e mia, è in un ricovero per Alzheimer.
Quando penso a mia mamma, per me e’ come vedere un’immagine distorta dentro il tunnel degli specchi al lunapark.
Ogni giorno sono convinto di aver accettato un poco di più la condizione della mamma e poco dopo succede qualcosa che smentisce questa convinzione e ricado in uno strano limbo dove si alternano tristezza, malinconia, pianto e nodo alla gola.
La mia mamma ha passato, come i vostri cari, gli stadi dello stupore, per quanto le stava accadendo, della rabbia, del terrore, forse si rendeva conto che stava spegnendosi una lampadina, del disorientamento spazio temporale, delle allucinazioni seguite dalle crisi e tutto ciò che segue.
Ora e’ un’altra mamma.
In questa mamma ho bisogno di riconoscere sempre la mia, anche se più scarna, ma con un carattere in parte diverso e che a stento sembra riconoscermi se non le dico chi sono.
Non sono un bugiardo ma ogni giorno, quando la lascio le dico che devo andare al lavoro e che da lì a un’ora tornerò: odio queste menzogne.
Prima, all’inizio, mio fratello e io ci arrabbiavamo e a volte ci sembrava che ci prendesse in giro perché spesso ad un’affermazione, rispondeva “davvero!”, ora non e’ più possibile; lei non capirebbe, ne soffrirebbe e comunque non c’e’ un motivo al mondo per arrabbiarci con lei.
Mio fratello e io non ne parliamo spesso ma tutti e due abbiamo la morte nel cuore.
Rimorso per le scelte fatte, per non aver fatto di più, per non aver capito abbastanza il suo stato, per non aver fatto scelte diverse, la paura; questo ed altro sono i fantasmi che si agitano nelle nostre menti e nei nostri due cuori.
Spesso delle lacrime mi sorprendono.
Un paesaggio, un’immagine, una musica o solo un pensiero nato per caso o da un ricordo fa scatenare dentro l’inferno.
Oggi sono andato da Lei, come quasi tutti i giorni, era in piedi nel corridoio ed aveva in mano un foglio di giornale che continuava a ripiegare.
Un nodo alla gola mi ha assalito e più tardi quando sono partito l’ho abbracciata e dentro sentivo un profondo vuoto e una grande solitudine.
La solitudine, la sensazione d’essere solo, questi sentimenti ti pervadono da mattina a sera e spesso di notte. Perdita di fiducia in se stessi, svogliatezza nel lavoro, forse per i tempi che corrono, forse per i continui mutamenti che t’impone la tua azienda, forse perchè t’immagini un calo di stima nei confronti di te stesso, forse…..
E dopo, quando Lei se ne sarà andata che faremo?
Mi mancano i pranzi del sabato dove la nostra piccola famiglia si riuniva a litigare, a discutere, ad arrabbiarci, ad abbracciarci, a confortarci e a ridere delle piccole cose; ora non riusciamo più a ricreare il clima perché due pezzi importanti mancano: papà e mamma.
Mi dico che alla mia età devo rendermi conto che le perdite sono inevitabili, ma ne resto sempre colpito e allora cerco un abito che tutti i giorni indosso ma che non riesce a darmi pace E aspetto la primavera, una primavera che forse non verrà e che comunque potrebbe non darmi conforto.
Tutti i giorni mi alzo ed esco a lavorare ma il divertimento è finito, non c’è più gioia, tanto meno stimoli.

Enzo