Spett. centro,
purtroppo non ho consigli da darvi, ma sono io che chiedo aiuto. Non so ancora se mia madre ha un principio di Alzheimer, lo sapremo a fine agosto, quando farà i test. Ora, pur in riabilitazione, sembra ripresa bene da un attacco cardiaco, lucida, vispa, però … e qui viene il problema.
A breve verrà dimessa e dovrà stare per forza a casa mia, perché le risorse economiche non ci permettono una badante a casa sua. Non vorremmo vendere la sua casa per pagarle l’assistenza, perchè ho 3 figli e vorrei lasciare loro qualche risorsa, in modo che non debbano partire da zero come me. Tutto logico, tutto organizzato, tutto quadra.
La verità É che io mi sento sull’orlo del baratro, in quanto in questa donna malata io ora non posso riconoscere la madre che mi ha cresciuta non perchè non so accettare la malattia, ma perchè, per tutta la mia vita, nella mamma non ho avuto una guida, bensì un pesante ostacolo, che mi avrebbe voluta grigia, piatta, casalinga, infantile, come lei. Per tutta la vita è stata insaziabilmente bisognosa di affetto e attenzioni, bisogno dirottato in un rapporto compulsivo verso il cibo consolatorio, anche se per 30 anni ha avuto un marito affettuoso. Dopo la morte di mio padre, mia madre ha trovato nello spendere denaro per “aiutare” i famigliari (così dice lei, in realtà si trattava di vera e propria sindrome da accudimento) una compensazione, fino al punto da dilapidare tutti i risparmi e da indebitarsi. Neanche fare la nonna per i nipoti ha placato quest’ansia. E pensare che ha nascosto a tutti i suoi debiti per 15 anni e io li ho scoperti per caso e saldati poco fa.
E io, dopo essere letteralmente fuggita da casa sua per poter lavorare e studiare in pace, per il bene dei bambini le ho permesso di fare la nonna, anche se la sua presenza assidua era per me una tortura (non avrei comunque potuto pagare una baby-sitter). Ora me la ritroverò in casa, un appartamento di città non enorme, dove siamo già in 5 e dove spero che mi lascerà in pace almeno per correggere i compiti dei miei studenti (anche da sana non sapeva stare zitta!).
Ammiro tutte le persone che assistono con dolore, ma anche con immenso affetto i loro genitori anziani. Io non ci riesco, provo sentimenti vicini all’odio. Faccio questo sacrificio solo per i figli, che amano la loro nonna, ma a me sembra di ritornare nell’incubo da cui sono fuggita. Mi chiedo fino a dove debba arrivare il senso del dovere di una figlia verso una madre che tale non è stata mai.
Mi vergogno, ma non posso mentire a me stessa. Grazie per il Vostro spazio
Iris
Leggo questo commento solo ora, immagino sua madre sia peggiorata e le esprimo la mia solidarietà. Deve essere terribile essere costretti ad assistere h24 la madre da cui è fuggita, e dover sopportare paranoie crescenti, collegate alla personalità narcisista (credo) pregressa che aveva. Vorrei solo dirle di non vergognarsi, e le lascio il mio esempio così, al limite, vede che c’è chi prova sentimenti ben più negativi dei suoi…Quando leggo commenti buonisti mi sale ancora più rabbia perché non ci posso credere che siano tutti pazienti e pieni d’amore per genitori/parenti, e se lo sono beati loro, davvero li invidio. Per mia esperienza questi malati diventano egoisti, cattivi, odiosi. Mio padre è diventato un ANIMALE quando sta calmo fa cose disgustose, mentre la maggior parte del tempo è aggressivo, violento verbalmente e fisicamente, non dorme, distrugge la casa e le terapie provate finora, praticamente tutte, fanno solo l’effetto paradosso, bussa alle finestre e porte chiamando me o mia madre, che siamo in casa ma non ci riconosce quindi cerca ‘le altre’, oppure chiedendo aiuto perché deve andare a casa sua, e io sto lì a guardalo e a pensare che magari esce e si perde, ma ovviamente tengo le porte chiuse e gli dò da mangiare e gli lavo quegli stracci che si mette perché anche sui vestiti devono fare schifo, e posso dire sinceramente di odiarlo, perché questo non è mio padre, di cui ormai nemmeno ricordo la personalità prima di questa malattia. E dico anche sinceramente che non riesco a credere che sia solo la malattia, perché a qualcuno prende in modo meno agitato e cattivo, mia nonna compresa, che era una bella rompiballe ma non a questo livello di cattiveria e egocentrismo. E qui le dico la mia opinione, che nessuno supporta: x me un po’ apposta lo fanno, non a livello conscio ma inconsciamente si. Magari c’era un narcisismo represso quando capiva, magari vuole stare al centro dell’attenzione per il tempo che gli rimane, non lo so ma non riesco a credere che ‘poverino è malato’ e basta. Perchè una malattia, statisticamente, dovrebbe farli comportare in modo vario, a volte male, a volte no. Invece se ogni singola cosa che fa è maligna, non può essere un caso.
Tutti parlano di avere pazienza ma io vorrei gonfiarlo di botte, e aprendo siti vari vedo tanto buonismo e positività e mi sembra assurdo che nessuno sia esaurito o in preda a sconforto e sentimenti negativi . In realtà credo che tanti figli e parenti sentano la pressione del dover dire certe cose, quando pensano il contrario. Quindi le lascio la mia testimonianza, di qualcuno che la vive molto peggio di lei.
Gentilissima signora,
come redazione del sito https://www.centroalzheimer.org abbiamo deciso di pubblicare il suo preziosissimo contributo. Riteniamo molto importante dare spazio anche ad esperienze molto dolorose e piene di sofferenza come la sua affinché anche altre persone che si trovano a vivere una esperienza di assistenza simile, possano sentirsi comprese, legittimate ed accolte. Grazie.
Ognuno di noi, da paziente o da caregiver, vive la malattia come riesce e come può.
Ci sentiamo tuttavia in dovere di ricordarle che non è sola! Negli ultimi anni sono nate tante Associazioni e iniziative il cui obiettivo e appunto quello di supportare le persone impegnate nel difficilissimo compito di assistenza di un familiare affetto da demenza. Le suggeriamo di contattare il numero verde gratuito “Pronto Alzheimer” al numero 02. 809767 (http://www.alzheimer.it/contatti.html). Pur non sapendo quale sia la sua città di residenza la invitiamo a mettersi in contatto con l’Associazione AIMA locale.
Inoltre, come saprà, esistono numerosi servizi creati per aiutare le famiglie ad alleggerire il peso dell’assistenza di una persona con demenza. Provi a contattare l’assistente sociale del Suo Comune di residenza per conoscere tutti i servizi assistenziali ai quali Suo padre e Lei in quanto caregiver principale potete avere accesso. I servizi territoriali messi in campo variano da Regione a Regione e ci risulta quindi impossibile elencarglieli qui. Certamente l’assistente sociale potrà elencarle le strutture che erogano il servizio di Centro Diurno Integrato (CDI), servizio che consente al paziente di trascorrere parte della giornata in un centro specializzato con personale sanitario e parasanitario a loro disposizione e insieme a persone con disturbi simili, sgravando la famiglia dall’impegno gravoso di un’assistenza continuativa per alcune ora ogni giorno.
Inoltre, provi a discutere con il geriatra o il neurologo di suo padre la possibilità di ricorrere al mese del sollievo, un periodo cioè durante il quale il paziente viene ospedalizzato in un CDCD (ex UVA) per ottimizzare la terapia farmacologica e che permette ai famigliari di riposare dal difficile lavoro di caregiver.
Inoltre, anche se immaginiamo sia difficile ritagliarsi del tempo, Le consigliamo caldamente la lettura del “Manuale del caregiver. Prendersi cura delle persone affette da demenza” a cura di L. Bartorelli. Questo testo fornisce dei suggerimenti molto concreti per la gestione del malato
Se, una volta messi in campo alcuni di questi servizi, continuasse a sentirsi sopraffatta da questo ruolo di assistenza, provi a vagliare anche la possibilità (spesso sofferta ma del tutto legittima) di ricoverare il papà presso una Residenza sanitaria assistenziale (RSA).
Da parte nostra non possiamo che rinnovarLe il nostro ringraziamento per aver trovato il coraggio e il tempo per raccontarci e condividere la sua fatica.
Lo staff del sito Centro Alzheimer.