Caro nonno,

un giorno ti sei perso. Dimenticando. Cancellando, con la delicatezza di un adagio, ogni sfumatura. Ogni ricordo. Ogni nome. Ogni luogo.
Questa malattia che ti ha preso tra le sue braccia e che piano piano ti porta via da noi e che ogni giorno ti ruba un pezzo di te, di noi e di me.

Ti cancella i contorni. Ti cancella i ricordi. Ti lascia perso, nel tuo involucro di pelle ed ossa. E nei tuoi occhi la scintilla della vita si nasconde.
Forse è andata perduta anche lei.
La demenza non ti lascia scampo.

Passa una gomma sulla linea della tua vita.
Poco fa ero al telefono con la mamma che mi raccontava come sei riuscito a uscire dall’ospedale, a nasconderti dagli occhi dei medici e come poi quando ti hanno ritrovato e ti han chiesto dove andavi non hai saputo rispondere.
E di colpo, come lo sparo di un fucile, mi sono accorta che tutto sembra davvero andato perduto.
Non so se sai dov’è la tua casa.
La casa che hai disegnato, progettato e costruito con le tue mani.
Da qui dove sono non posso sapere se sai ancora chi siamo.
La nonna che ti ama e nasconde la tua malattia tra le pieghe del suo cuore.
E i tuoi figli.
La mia mamma principalmente perchè la chiamo ogni giorno e ogni volta mi parla di te e sento il peso della tua malattia che la invecchia prematuramente.
E anche gli zii con cui parlo raramente che probabilmente soffrono anche loro, alla loro maniera.
L’Alzheimer ti sta portando via tutto.
E paradossalmente lo porta via anche a me.
Le passeggiate in montagna, i panini con la mortadella, la casa sull’albero.
E le vacanze insieme.
Mi rendo conto che tutti questi ricordi non potrò più dividerli con te e che la mia infanzia mi sfugge dalle mani man mano che la dimentichi.
Ringrazio che tu abbia questa malattia e non un’altra perchè tu non ne soffri.
Non sei conscio di chi sei di cos’hai e della gente intorno a te che piange di dolore ogni tuo ricordo svanito.
Ringrazio lo stesso perchè non hai il Parkinson che avrebbe racchiuso la tua mente illustre in un corpo sempre più immobile.
Ringrazio perchè non sei depresso tu lì nel tuo mare di nulla.
Sono andati persi i tuoi consigli.
Perdute le tue prediche.
Abbandonandoti all’oblio.
E sono andate perdute le serate estive, seduti tutti intorno al tavolo in giardino. E lo spazio
non ha più significato per te.
Ed ogni mattino è come ieri. E come domani.
Non sai più che giorno è, che ora è.
Tu che eri cosi intelligente e colto e duro nei tuoi ritmi di vita.
Tu che eri cosi autonomo e forte.
E cocciuto.

Testardo.
Vecchio stampo.
Cosa resta di quell’architetto che si è laureato primo tra tutti in un epoca in cui la cultura era ancora il lusso di pochi?
Cosa resta del padre dei tuoi tre figli?
Cosa resta del marito fedele e amato?
Di un matrimonio durato più di 50 anni?
E i cruciverba che facevamo noi due il pomeriggio.
Ricordo che le ultime volte che ne abbiamo fatti insieme inserivi parole a caso, tu che eri imbattibile con le definizioni.
Tu che eri il re della lingua italiana, il mio Dante, il mio Petrarca.
La tua scrittura si è inclinata sempre di più schiacciata dalla fatica di ricordare come si scrivevano certe parole e io accanto con un nodo alla gola vedevo svanire il mio mentore.
La persona che più amo al mondo che mi ha insegnato a leggere quando ancora i bambini normali infilavano stelle cerchi e quadrati nelle apposite formine.
Tu che traboccavi di cultura, di paroloni importanti.
Tu che mi leggevi libri in latino come favole della buona notte.
Tu che hai imparato a usare il computer nonostante fossi nato in un tempo in cui neanche esisteva questa parola.
E allora dove sei?
Dove hai rinchiuso i tuoi ricordi?
Dove è finito il tuo francese perfetto per parlare con la nonna?
Dove sono andate le nostre giornate insieme.
La tua storia d’amore con Elsa dove l’hai rinchiusa?
perchè in fondo so che è solo finzione pensare che ancora celi qualche ricordo nel profondo della tua anima saggia.
Ma voglio ancora illudermi che quando al telefono mi dici “ciao stellina” sai ancora chi sono. Che quando ti parlo di Nantes, la città da cui ha strappato la nonna e dove io ho trovato l’amore proprio come te sai ancora dove si trova.
E mi stringo forte alla certezza che almeno tu non soffri per tutto quello che dimentichi.
Sono triste quando penso alla mia mamma che viene a trovarti ogni giorno e non sa se ancora ti ricordi di lei, se la riconosci sotto quei capelli rossicci e i suoi occhi pieni di paura.
E mi sento cosi arrabbiata quando penso che la tua malattia ti renderà sempre più bambino, che ti strappa la tua umanità, cancella la tua età adulta e i ricordi più preziosi.
Un tempo ci raccontavi sempre dei ragazzi di Bottonaga,del tuo amico Arturo, di Giacomo, di quando cantavi nel coro da bambino, e delle vacanze in camper.
E ora chissà cosa racconti.
Chissà cosa vedono i tuoi occhi stanchi.
E io lontano da te perdo i tuoi ultimi anni di vita.
Dico anni sperando inconsciamente di tornare e stare accanto a te prima che tutto questo prenda fine.
E vorrei essere un sostegno per questa nonna che sta sola a casa tra le foto e il camino a soffrire e negare questa tua malattia.
E vorrei essere accanto alla famiglia che soffre.
Ma tu cosa vorresti?
Tu che hai sempre previsto per me un futuro brillante e che hai accettato per primo questo mio viaggio lontano.
Cosa vorresti tu nonnino mio?
E allora caro nonno, se mai un giorno ci ritroveremo da qualche parte in questo oblio che è la tua vita sappi che ti ho sempre voluto bene.
Che sono felice tu non sia conscio di questa malattia infame che ti prende sempre più
velocemente, dapprima al ritmo di un lento, e poi di un valzer e poi di una cavalcata in campagna.

Vorrei sentissi l’odore del mare ancora tutte le volte che vuoi, il respiro dell’oceano e il rumore delle onde.
Vorrei ci trovassimo a metà strada tra la tua malattia e la mia sofferenza e tu potessi ancora insegnarmi qualcosa.
Anche se credo che qualcosa me lo stai ancora insegnando.
Mi rendi forse più forte, mi spingi a vivere appieno ogni giorno e a scegliere senza rimpianti. Mi insegni a vivere.
E io vorrei poter fare lo stesso per te.
Stapparti all’Alzheimer e riportarti con noi.
So che non è possibile ma se ancora ti ricordi di me, in qualche vago istante delle tue giornate all’ospedale, sappi che ti voglio ancora bene nonno anche se qui vedo solo un involucro, un corpo vuoto, sappi che amo ancora la tua mente vispa e la tua anima intelligente, le tue mani rugose, i tuoi occhi aperti sul mondo, i tuoi difetti, il tuo essere burbero e severo.. Sappi che amo tutto nonno di te e che non sono la sola!
Non partire!

Jessika