A cura di Silvia Saglia

Vromen EM, de Boer SCM, Teunissen CE, Rozemuller A, Sieben A, Bjerke M; Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative, Visser PJ, Bouwman FH, Engelborghs S, Tijms BM.
Biomarker A+T-: is this Alzheimer’s disease or not? A combined CSF and pathology study.
Brain. 2022 May 2:awac158. doi: 10.1093/brain/awac158. Epub ahead of print.

Secondo le Linee Guida suggerite nel 2018 dal NIA-AA (National Institute on Aging – Alzheimer’s Association), la definizione biologica della malattia di Alzheimer (AD) mediante biomarcatori nel liquido cerebrospinale (CSF) richiede livelli anormali di amiloide (A+) e di proteina tau fosforilata (p-tau; T+). Tuttavia, i biomarcatori e i corrispondenti cut-off non sempre riflettono la presenza o l’assenza di neuropatologia. Infatti alcuni studi condotti su piccoli campioni suggeriscono che fino al 32% dei pazienti con AD confermato dall’esame autoptico, in vita presentava nel CSF livelli normali di p-tau (T-).

Uno studio olandese recentemente pubblicato sulla rivista Brain si è posto l’obiettivo di chiarire quindi il significato biologico del profilo A+T- nell’eziologia dell’AD. Dall’analisi dei dati autoptici e del CSF di tre coorti autoptiche indipendenti (n=215), i ricercatori hanno accertato che, nel 50-73% degli individui con profilo A+T- e nel 100% degli individui con profilo A+T+, l’AD era confermato dall’esame autoptico. Lo stato A+ ha mostrato la migliore accuratezza nel rilevare AD (valori tra 86%-88% nelle tre coorti). La misura combinata A+ T+ non migliorava ulteriormente questi valori: aumentava la specificità della diagnosi ma abbassava la sensibilità nel rilevare la patologia. In sintesi, lo studio ha riscontrato che fino al 73% degli individui A+T- ante-mortem presentava la malattia di Alzheimer all’autopsia. Se a scopo di ricerca potrebbe essere preferibile considerare il profilo A+T- un sottotipo della AD, da un punto di vista clinico questi individui potrebbero beneficiare di trattamenti farmacologici anti-amiloide e anti-tau. Pertanto, questo dato dovrebbe essere preso in considerazione sia nella ricerca che in ambito clinico.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda all’articolo originale:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35511164/