A cura di Valentina Saletti
McMaster M, Kim S, Clare L, Torres SJ, Cherbuin N, DʼEste C, Anstey KJ.
Lifestyle Risk Factors and Cognitive Outcomes from the Multidomain Dementia Risk Reduction Randomized Controlled Trial, Body Brain Life for Cognitive Decline (BBL-CD).
J Am Geriatr Soc. 2020 Sep 9. doi: 10.1111/jgs.16762. Epub ahead of print.
I risultati di un recente studio australiano suggeriscono che i cambiamenti nello stile di vita possono contribuire al miglioramento delle funzioni cognitive in persone affette da declino cognitivo. Lo studio ha coinvolto 119 ultrasessantacinquenni con disturbo soggettivo di memoria (SCD) o lieve decadimento cognitivo (MCI). Una parte dei partecipanti, il gruppo di controllo, assisteva a sessioni informative online riguardanti temi quali i fattori di rischio per la demenza legati allo stile di vita, la dieta mediterranea, l’attività fisica e l’impegno cognitivo. Al termine di ogni sessione veniva chiesto loro di mettere in pratica le informazioni apprese nella loro quotidianità. Al gruppo di trattamento veniva invece proposto un percorso che prevedeva le stesse sessioni informative con l’aggiunta di attività pratiche volte all’attuazione di quanto appreso durante queste sessioni (incontri con il dietista, attività di allenamento con il personal trainer e un programma di brain training). I risultati dello studio hanno evidenziato che i cambiamenti messi in atto dal gruppo di trattamento comportavano una significativa diminuzione del rischio di sviluppare demenza legato agli stili di vita e un miglioramento nelle prestazioni cognitive rispetto a quelle riportate dal gruppo di controllo. Ciò sembrerebbe possibile perché il cervello anche nelle fasi iniziali di malattia mantiene sufficiente neuroplasticità (ovvero la capacità di modificare le connessioni tra i neuroni e la funzionalità cerebrale in seguito ad un cambiamento ambientale) per modificare la traiettoria di progressione della patologia. In questa cornice, acquistano sempre maggiore importanza interventi di prevenzione di questo tipo che potrebbero essere in grado di modificare la progressione di malattie neurodegenerative.
Potete trovare l’articolo originale al seguente link: