A cura di Valentina Saletti
Un recente studio americano, durato quattro anni e condotto su 4765 persone cognitivamente sane con più di 60 anni, ha dimostrato l’importanza del tipo di credenze personali relative alla vecchiaia rispetto alla probabilità di manifestare disturbi cognitivi in età avanzata. I ricercatori hanno preso in considerazione più variabili tra cui età e salute dei partecipanti, includendo anche anziani portatori di APOE ε4, considerato uno dei fattori di rischio più potenti per lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Dalla ricerca è emerso che i soggetti con credenze positive sull’invecchiamento avevano meno probabilità di sviluppare una demenza rispetto a coloro che possedevano convinzioni negative. I risultati, quindi, rivelano che le credenze positive, oltre a ridurre lo stress legato all’età senile, possono essere un fattore protettivo anche per individui ad alto rischio di sviluppare demenza. In altri studi sperimentali è stato riscontrato che partecipare ad incontri più centrati sulle credenze negative dell’invecchiamento, credenze con cui si convive quotidianamente, porti negli anziani ad un aumento della reattività cardiovascolare dovuto a stress e ad una riduzione nelle prestazioni legate alla memoria. Dato che le convinzioni sulla vecchiaia dipendono dalla cultura di riferimento e tendono ad essere apprese precocemente, rimanendo stabili nel tempo, il prossimo obiettivo per i ricercatori sarà quello di identificare e prendere in considerazione il ruolo di tali credenze negli anziani, per intervenire sul rafforzamento delle convinzioni positive con lo scopo di migliorare e prevenire impatti negativi nello sviluppo di un declino cognitivo.
È possibile visionare l’articolo originale al seguente link:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29414991