Nonostante la patogenesi della malattia di Alzheimer (AD) sia ancora poco chiara, esistono numerosi studi in letteratura che indicano un coinvolgimento di meccanismi infiammatori. Da alcuni studi osservazionali è infatti emerso che l’incidenza di malattia è più bassa nei soggetti trattati con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Sulla base di tali osservazioni, in uno studio prospettico, l’Adult Change in Thought – ATC, è stata studiata l’incidenza di insorgenza di AD in una popolazione di soggetti di età superiore ai 65 anni. I partecipanti allo studio erano iscritti ad un programma di assistenza sanitaria che prevedeva un controllo della cognitività ogni due anni e un monitoraggio dell’uso di farmaci antinfiammatori, riportando sia il nome del farmaco sia il dosaggio assunto. I risultati hanno inaspettatamente documentato che il rischio di demenza nei soggetti con elevato uso di antinfiammatori era aumentato del 66% rispetto a chi ne faceva un uso moderato o non ne utilizzava. Gli autori ipotizzano che gli antinfiammatori abbiano un effetto nel ritardare l’esordio di demenza piuttosto che nel prevenirla. Studiando una popolazione relativamente giovane si osserverebbero meno casi di demenza, mentre studiando una popolazione anziana come quella dello studio in oggetto, si osserverebbero più casi di demenza, come infatti è accaduto. La relazione tra antinfiammatori e patogenesi della demenza di Alzheimer è comunque più complessa e necessita di ulteriore studio, ma i risultati dello studio pongono a riflettere che l’effetto dei FANS anche se solo ritardante e non curativo di demenza potrebbe avere importanti implicazioni per la salute pubblica.