A cura di Cristina Festari
In queste ore le principali testate nazionali hanno ripreso una recentissima pubblicazione apparsa su Journal of Alzheimer’s disease. Secondo la ricostruzione giornalistica, lo studio avrebbe dimostrato il meccanismo alla base delle perdita della memoria, rappresentando una svolta nella diagnosi e cura della malattia di Alzheimer (AD). Si legge infatti, “…se l’area tegmentale ventrale (VTA), una piccola regione deputata al rilascio della dopamina, funziona poco, ne risente il «centro» della memoria, l’ippocampo”. Questa frase, copiata-incollata dai maggiori quotidiani, poco rispecchia i reali risultati dello studio, tanto da dubitare che si tratti delle conclusioni dello stesso lavoro scientifico.
Gli autori, De Marco e Venneri, si propongono di testare sull’uomo un’ipotesi di progressione dell’AD formulata sulla base di osservazioni effettuate in una delle decine di modelli di topo transgenico. In questo modello animale di AD, la perdita neuronale nella VTA precede il deposito dell’amiloide, una proteina chiave nell’eziologia dell’AD. I risultati, condotti su un campione composto da 51 soggetti di controllo sani, 29 pazienti affetti da AD moderato e 31 da AD prodromico, descrivono una correlazione tra il volume della VTA e dell’ippocampo e le abilità mnesiche. Tali correlazioni raggiungono la significatività statistica solo nel gruppo di soggetti sani. Hanno evidenziato inoltre una relazione statistica tra la funzionalità della VTA, le dimensioni dell’ippocampo e l’apprendimento.
Questo lavoro certamente offre interessanti spunti per gli “addetti ai lavori” nel campo delle neuroimmagini, tuttavia è ben lontano dal rappresentare la scoperta rivoluzionaria che i giornalisti hanno immotivatamente dipinto.
Per i più “sospettosi” di seguito è riportato il link al lavoro scientifico trattato:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29578486