Vari studi prospettici condotti negli ultimi 10 anni hanno correlato le attività nel tempo libero a un minore declino cognitivo e/o minore rischio di malattia di Alzheimer (AD) nelle persone anziane, ma in ambito scientifico non vi è ancora un consenso per quanto riguarda il meccanismo alla base di questa associazione. A tale proposito è stato condotto uno studio epidemiologico osservazionale per 4 anni su quasi seimila persone di almeno 65 anni di età rilevando periodicamente informazioni riguardanti l’impiego del tempo libero per tipo e frequenza, annotando i parametri sociodemografici (età, sesso, stato civile, livello di istruzione, livello occupazionale), i parametri vascolari, i sintomi fisici e depressivi intesi come possibili fattori di rischio per l’insorgenza di demenza. Particolare attenzione è stata rivolta a rilevare le attività di tipo sociale, quali gli incontri con gli amici, la partecipazione ad eventi teatrali o cinematografici, ascolto di musica e televisione, dalle attività fisiche, come fare una passeggiata, dedicarsi a lavori di giardinaggio o ad altri lavori manuali. I dati hanno messo in luce che le persone anziane coinvolte in differenti attività almeno due volte alla settimana presentavano il 50% in meno di rischio di sviluppare demenza rispetto a quelli impegnati non più di una volta alla settimana. Tuttavia i risultati non sono ancora sufficienti ad identificare quale sia il meccanismo coinvolto in tale fenomeno. D’altra parte, l’elevato numero di anziani osservati nello studio insieme all’elevata qualità delle informazioni raccolte oltre che alla valutazione di altre patologie coesistenti permettono di sottolineare con forza l’importanza di promuovere nelle persone anziane le attività nel tempo libero, sia fisiche che sociali, per ritardare il declino cognitivo e l’insorgenza della demenza.
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