Le tue mani cercavano di ricomporre
punti di vita lungo quell’abito,
troppo largo per poterlo indossare quella sera.
Una sera di piena estate, caldo e silenzio
lungo le vie della città abbandonata.
E tu, nella casa da sempre abitata, confusa nei tuoi pensieri,
ma presente lungo il crinale della memoria,
ti adoperavi per restringere quell’abito, che percepivi troppo
ampio sui fianchi.
Tastavi l’abito ripetutamente, cercando un punto di inizio
in cui infilare l’ago, ed un altro di approdo,
dove la tua opera sarebbe stata conclusa.
Eri cocciuta, caparbia, ti aggiravi lungo le pareti
della tua casa per cercare, chissà, un focolaio di vana ispirazione,
e ritornavi a quell’abito, lo osservavi, lo studiavi, lo indossavi.
Eri riuscita ad aprirlo sui fianchi, intenta, ora, a ricucirlo,
ma i bordi non si ricomponevano. Le mani, le tue nobili mani,
cercavano punti di sutura lungo la pelle di quell’abito,
troppo distanti, dai tuoi brandelli di ricordi, per poterli ricongiungere.
Così venne consumato il pomeriggio, rincorrendo la manualità
che un tempo ti apparteneva, sorda alle mie preghiere
e nell’attesa di pezzi di famiglia che ti avrebbero festeggiata.
Agosto 2009