A cura di Lorenzo Pini
Challenges associated with biomarker-based classification systems for Alzheimer’s disease
Illán-Gala I, Pegueroles J, Montal V, Vilaplana E, Carmona-Iragui M, Alcolea D, Dickerson BC, Sánchez-Valle R, de Leon MJ, Blesa R, Lleó A, Fortea J, Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative.
Alzheimers Dement (Amst). 2018; 10: 346-357.
Nella newsletter di Aprile ci siamo occupati dei nuovi criteri diagnostici di ricerca per la malattia di Alzheimer (AD) (https://www.centroalzheimer.org/dal-sintomo-alla-biologia-nuovi-criteri-di-ricerca-per-la-diagnosi-della-malattia-di-alzheimer/). Secondo questa nuova definizione la malattia è definita sulla base dello schema A/T/N, in cui i risultati di diversi biomarcatori vengono raggruppati in 3 categorie: “A+” si riferisce allo stato patologico della proteina beta-amiloide (Aβ), misurato mediante PET per Aβ o quantificando la proteina nel liquido cerebrospinale (CSF); “T+” denota la presenza di grovigli neurofibrillari, quantificati mediante PET per tau o analisi della proteina tau fosforilata nel CSF; “N+” si riferisce alla presenza di neurodegenerazione, quantificata mediante analisi dell’atrofia corticale, dell’ipometabolismo o della proteina tau nel CSF. Ma quanto concordano tra loro i diversi biomarcatori? Ad esempio, classificare la neurodegenerazione sulla base dell’atrofia corticale o dei livelli della proteina Tau nel CSF influisce nella classificazione diagnostica? A queste domande i ricercatori dell’Università di Barcellona hanno cercato di dare risposta. Utilizzando un enorme dataset internazionale (ADNI), sono stati estratti i dati di 711 soggetti (con diagnosi di AD, lieve deficit cognitivo, o cognitivamente sani) di cui erano disponibili le analisi del CSF, sequenze strutturali e immagini PET per Aβ (FBP-PET) e studio del metabolismo (FDG-PET).
I risultati hanno evidenziato una bassa concordanza tra i biomarcatori sopra elencati: cambiando i diversi biomarcatori, la discordanza nella classificazione del campione nello schema A/T/N variava dal 12% (scambiando FBP-PET con CSF-Aβ per classificare “A”) al 45% (scambiando FBP-PET con CSF-Aβ per classificare “A” e volume ippocampale con CSF-tau per classificare “N”). Questi risultati erano simili stratificando i soggetti per diagnosi. Questa discordanza era più marcata per i biomarcatori di neurodegenerazione “N”, sia nel campione totale che nei diversi sottogruppi.
Questi risultati suggeriscono, pertanto, cautela nell’utilizzo dei diversi biomarcatori nella classificazione dei pazienti e futuri studi dovranno evidenziare quali biomarcatori sono più fedeli alla patofisiologia definita dallo schema A/T/N.
Per ulteriori informazioni:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352872918300204